Angela Merkel con Emmanuel Macron (foto LaPresse)

Cosa spinge Merkel ad andare incontro a Macron con pragmatismo

Alberto Brambilla

La cancelliera valuta il piano francese per rafforzare insieme l’euro. Le visioni, certo, non combaciano

Roma. L’insediamento del governo Lega-M5s in Italia ha creato preoccupazione nelle cancellerie europee dove il timore maggiore è un contagio di movimenti populisti. Non è rassicurante in Spagna l’arrivo al potere del socialista Pedro Sanchez, ostaggio dei partiti che l’hanno aiutato a deporre Mariano Rajoy, il leader più longevo del continente. Per ridurre l’ansia di un’Europa che cova al suo interno il potenziale per autodistruggersi la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha chiarito parlando con la Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung la sua visione per portare avanti una riforma della dell’Eurozona in risposta al “manifesto” della Sorbona de presidente francese Emmanuel Macron. Macron parlò di una forza militare condivisa, una politica per l’immigrazione armonizzata, un budget comune e un fisco unico. Una visione ambiziosa avanzata mentre Merkel era in difficoltà nel formare una coalizione di governo, ed era messa in ombra. Ora l’Europa non deve soltanto contenere una crisi esistenziale dell’euro ma anche prendere in mano il suo destino dato che l’America di Donald Trump è più concorrente che partner.

 

I tentativi di coordinamento sono in corso. Merkel ha avuto un colloquio informale con Mario Draghi, s’immagina in qualità di profondo conoscitore del sistema bancario continentale, dove si parla di grandi fusioni, più che di capo della politica monetaria. S’apprende di una conference call precedente tra Merkel, Macron, Draghi e Jean-Claude Juncker presidente della Commissione Ue.

 

Merkel ora è pronta ad andare incontro a Macron per rafforzare insieme l’euro. Le visioni, certo, non combaciano. La creazione di un Fondo monetario europeo nella concezione francese è uno strumento per combattere future crisi finanziarie. Nella concezione tedesca invece la funzione è combattere “debolezze strutturali” e l’uso di risorse comuni è lecito “solo quando l’Eurozona è in pericolo” e subordinato a “un ampio raggio di riforme strutturali” o di condizioni come una automatica ristrutturazione del debito con perdite per certi creditori. Dal punto di vista francese, e italiano, non sarebbe idilliaco modificare la percezione degli operatori di mercato sulla rischiosità dei titoli di stato: per i più deboli il premio al rischio aumenterebbe. Al netto di visioni differenti, Merkel ha ammesso la necessità di discutere come aiutare i paesi che affrontano circostanze difficili – e l’idea di un bilancio supplementare rispetto a quello comunitario per gli investimenti. Le parole di Merkel rivolte all’Italia – “lasciata sola” ad affrontare il flusso migratorio dall’Africa – denotano la volontà dell’establishment tedesco di evitare che in Italia aumenti un sentimento anti europeo, una visione opposta a quella offerta con toni satirici dai media in Germania. “Andrò incontro al nuovo governo italiano in modo aperto, per lavorare assieme, invece di fare speculazioni sulle sue intenzioni. Per la Germania è di elementare importanza che l’Europa sia capace di agire”, ha detto Merkel.

 

Lorenzo Codogno, docente alla London School of Economics ed ex capo della direzione per l’analisi economico-finanziaria del ministero dell’Economia, ritiene che la Germania voglia “cominciare un dialogo in modo costruttivo e l’Italia può ottenere qualcosa a suo favore sul lato immigrazione. E’ chiaro che la crisi politica italiana può mettere in difficoltà il governo tedesco perché l’opinione pubblica non è d’accordo a condividere i rischi con un paese che vorrebbe chiedere alla Bce di cancellare 250 miliardi di debito”. A ottobre ci saranno le elezioni locali in Baviera dove il partito nazionalista AfD aveva ottenuto il 12,4 per cento. “Rimango un po’ scettico sulla riforma della governance e la posizione italiana non aiuta – dice Codogno al Foglio – penso però che se ci sarà comprensione da parte di tutti sull’Unione bancaria ci saranno progressi in un numero di anni si spera non troppo lungo per affrontare la prossima crisi”.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.