Tre soldati dell'esercito siriano tra le macerie di Ghouta (foto LaPresse)

“Ci gridano Forza Russia e scappano”. Gli alleati siriani visti dai russi

Daniele Raineri

Cosa pensano i comandanti di Mosca dei militari assadisti. “Sono molto scarsi e da soli non vincerebbero”

Roma. I comandanti russi in Siria non sono contenti dei loro alleati militari siriani e pensano che siano incapaci di vincere la guerra civile da soli, senza aiuto dall’esterno. La propaganda tende ovviamente a minimizzare questi problemi e questo spiega la differenza fra i reportage di guerra della stampa occidentale – che sulla sfiducia fra truppe americane ed europee e soldati locali ha costruito un genere letterario, dall’Iraq all’Afghanistan – e i servizi dei media russi e siriani che sono sempre ottimistici. Eppure filtrano testimonianze molto importanti. Per esempio quando nel 2016 un generale russo in congedo, Mikhail Khodarenok, scrisse sul sito molto letto Gazeta.ru che “la cosa più semplice in Siria sarebbe sciogliere l’esercito e tentare di farne uno da zero” e che “i soldati siriani preferiscono stare ai posti di blocco per estorcere denaro invece che andare in combattimento” e ancora che “il grosso dei combattimenti è fatto da milizie siriane e da volontari stranieri”, la redazione contattò un colonnello in servizio che poteva parlare soltanto in forma anonima e che confermò: “E’ tutto come scritto, soltanto peggio”.

 

Per questo motivo sono interessanti alcune interviste raccolte di recente da Radio Free Europe/Radio Liberty tra i comandanti del gruppo Wagner, che è il reparto formato dai contractor russi che combattono in Siria senza essere riconosciuti ufficialmente dal governo russo – che siano organici alla campagna di Mosca in Siria è però confermato da Reuters, che la settimana scorsa ha fatto uno scoop e ha svelato che i combattenti della Wagner partono e arrivano in Siria da basi militari russe.

 

La Wagner ha tra i 2000 e i 4000 uomini a seconda delle fonti ed è stata impegnata in combattimento in alcune delle zone più violente della Siria, da Palmira a Deir Ezzor, contro lo Stato islamico, e i comandanti descrivono con il loro linguaggio i partner. 

 

“I siriani non sanno combattere. L’ho visto succedere molte volte. Al minimo rumore abbandonano le posizioni e scappano. Ci gridano ‘Forza Russia, forza!’. Dove state andando, dico io, Dio vi stramaledica, teniamo la posizione! Invece no. Quando c’è un assalto per esempio prendiamo la cima di una collina, la consegniamo ai siriani alla sera, al mattino non ci sono più. Lo Stato islamico è di nuovo lassù. E noi dobbiamo di nuovo prendere la collina. E’ un paese grottesco e la froceria abbonda”. Uno dei problemi più seri per l’esercito siriano è la mancanza di uomini, all’ottavo anno di una guerra civile che ha causato perdite, diserzioni e fughe all’estero. “Ho chiesto a uno dei traduttori: perché i tuoi ragazzi non combattono? Mi ha detto che molti sono stati uccisi e che è necessario che qualcuno sopravviva per andare con le ragazze in modo che ci siano bambini”.

 

Queste testimonianze fanno parte del lato meno raccontato della guerra per scelta deliberata del comando russo. A febbraio, quando miliziani assadisti e contractor della Wagner assaltarono un pozzo di petrolio sotto il controllo dei curdi e furono bombardati dagli aerei americani e ci furono centinaia di vittime Mosca rifiutò di commentare per due settimane e diffuse un bilancio delle vittime molto più basso. Del resto, come l’America ha già imparato a proprie spese, gli interventi in medio oriente rischiano sempre di diventare più complicati rispetto ai piani di partenza. Nel caso russo, c’è anche da aggiungere l’improvviso taglio del budget militare, un meno venti per cento annunciato il primo maggio come conseguenza dell’economia debole e delle sanzioni. E’ la prima volta che il budget militare russo cala dal 1998.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)