Incontro pubblico delle donne coreane con Kim Jong Un (foto LaPresse)

La liberazione degli ostaggi precede la stretta di mano Kim-Trump

Giulia Pompili

C’è anche un italiano tra i negoziatori che hanno portato all’annuncio sui tre cittadini americani detenuti in Corea del nord

Roma. E’ imminente la “liberazione” dei tre cittadini americani che erano ancora detenuti in Corea del nord come gesto “di buona volontà” da parte delle autorità di Pyongyang in vista dell’incontro tra il presidente americano Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-un. Ieri la notizia è iniziata a circolare sulla stampa statunitense e sudcoreana. Reuters ha contattato Choi Soung-yong, attivista con numerose fonti al Nord, che ha spiegato come Kim Hak-song, Kim Sang-duk (anche conosciuto come Tony Kim) e Kim Dong-chul in realtà sarebbero già stati trasferiti all’inizio di aprile da un campo di lavoro in un hotel della capitale nordcoreana. Ieri Rudy Giuliani, ex sindaco di New York e ora avvocato di Trump, ha detto che l’annuncio del trasferimento sarebbe dovuto avvenire a stretto giro, ma a Pyongyang in queste ore è in corso la delicatissima visita del ministro degli Esteri cinese Wang Yi, che ha incontrato anche il leader Kim, ed è difficile immaginare una sovrapposizione simile di eventi. Il dipartimento di stato americano ha fatto sapere ieri di “non poter confermare” la notizia.

    

Tony Kim e Kim Hak-song – cittadini americani di origini coreane – sono stati arrestati rispettivamente tra la fine di aprile e l’inizio di maggio del 2017, quando Donald Trump era stato già eletto. Sono stati entrambi accusati di “atti ostili” contro il regime di Kim Jong-un, proprio come Otto Warmbier, lo studente americano morto una settimana dopo il rimpatrio. I due Kim lavoravano presso l’Università delle Scienze e della Tecnologia di Pyongyang, teoricamente l’unica università privata della Corea del nord. Kim Dong-chul, nato in Corea del sud e con la cittadinanza americana, è stato invece arrestato nel 2015 per spionaggio e condannato a dieci anni di lavori forzati. Nel 2016 era stato costretto a una confessione davanti alle telecamere.

  

Quella dei detenuti nordcoreani è una questione importante sul tavolo delle trattative tra America e Corea del nord. In passato questo genere di contrattazioni hanno seguito sempre un riavvicinamento. Già a metà marzo il ministro degli Esteri nordcoreano, Ri Yong Ho, era volato in Svezia – il paese che cura gli interessi americani in Corea del nord – e anche allora alcune fonti avevano confermato il lavoro diplomatico di Stoccolma per la liberazione dei tre. Ad avere un ruolo dietro le quinte, però, è stato anche un italiano: Giancarlo Elia Valori, storico uomo d’affari italiano, ha una lunga storia d’amicizia con la Corea del nord – il nome di una residenza a Pyongyang è dedicata alla madre, Emilia Valori. In occasione delle celebrazioni della Festa del Sole, il 15 aprile, e dell’ultima riunione del Comitato centrale, Elia Valori è stato trasportato con un aereo di stato dalla Cina fino a Pyongyang, dove ha incontrato Kim Yong-nam, il presidente del Presidium dell’Assemblea suprema del popolo nordcoreano.

  

Il giorno dopo la Kcna, l’agenzia di stampa nordcoreana, ha riportato per la prima volta la parola “denuclearizzazione” nella dichiarazione ufficiale che ha preceduto l’incontro con il presidente sudcoreano Moon Jae-in. Tra le immagini che scorrevano alla televisione di stato dopo lo storico summit intercoreano, c’erano anche le fotografie di Elia Valori: secondo varie fonti, nel 1994 Valori conosceva già da tempo l’allora leader Kim Il-sung, e fu lui a trattare informalmente insieme con il negoziatore americano Robert Gallucci per l’“Agreed Framework” tra Washington e Pyongyang. La Corea del nord non considera formalmente i detenuti americani come “ostaggi”, perché tutti, perfino il giovane Otto Warmbier, sono in qualche modo “processati e condannati”. Le trattative per il loro rilascio, però, anche in passato, sono state molto simili a quelle che si fanno in caso di ostaggi e sequestri, ed è per questo che i negoziatori sono quasi sempre anonimi, così come i riscatti da pagare.

Di più su questi argomenti:
  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.