Alcuni dei giocatori dell'Us Lagny Messagers, da una foto tratta dalla pagina Facebook del club francese

Se anche il calcio in alcuni angoli di Francia si “salafizza”. Il caso dell'Fc Daesh

Mauro Zanon

Niente arbitri e niente spettatori. L’interesse del Qatar

Parigi. Da quando Nabil Aissaoui e Keita Gaoussou sono stati incriminati per associazione a delinquere con finalità di terrorismo, la squadra di calcio di Lagny-sur-Marne, iscritta al campionato di prima divisione, è entrata in crisi profonda. “Nabil e Keita suscitavano fascino nei giovani. E il loro curriculum era eloquente. Nabil gestiva anche una scuola coranica clandestina”, racconta Pierre Tebaldini, direttore di gabinetto del sindaco di questa banlieue situata a est di Parigi. Entrambi schedati “S” per radicalizzazione dalla Dgsi (i servizi segreti interni), Nabil e Keita erano gli allenatori di questo club di provincia, che, come molti altri in Francia da dieci anni a questa parte è diventato il bersaglio di infiltrazione islamiste.

 

“Preghiere negli spogliatoi o sui campi, allenatori radicalizzati, giocatori che non vogliono conformarsi alle regole impure di uno sport giudicato troppo occidentale: il gioco della palla rotonda si ‘salafizza’ nei quartieri alla velocità di un tiro in porta”, racconta questa settimana Valeurs Actuelles, in un reportage choc che scoperchia la realtà della “salafizzazione” dei club sportivi nelle zone periferiche del paese.

 

A Lagny-sur-Marne, comune di 22 mila abitanti, l’islam radicale ha conquistato sempre più spazi della vita quotidiana, e nella casa di uno dei responsabili della moschea salafita locale, dove i giovani accorrevano fino alla sua chiusura per estremismo, la polizia ha ritrovato un fucile a pompa e materiale di propaganda dell’Isis. “Erano dolci come degli agnellini”, dicono i dirigenti dell’Us Lagny Messagers a proposito di Nabil e Keita. Nessuno ha visto niente, nessuno ha sentito niente, e però i due idoli dei giovani musulmani di Lagny rispettavano rigorosamente, e in maniera vistosa, i precetti di Allah per giocare a calcio, sulla base di una fatwa saudita del 2005. “Non seguite le abitudini degli eretici, degli ebrei, dei cristiani e soprattutto degli americani malfattori. Non giocate con undici giocatori, utilizzatene di più o di meno (…) A calcio non nominate alcun arbitro, perché non ce n’è bisogno quando ci si è sbarazzati delle regole internazionali riguardanti i falli, i rigori e i calci d’angolo”, si legge nella fatwa seguita alla lettera dai giocatori dell’Us Lagny Messagers. E ancora: “Non dividete la partita in due tempi, ma in tre tempi, per sottolineare bene le differenze con gli eretici”. Oltre alle richieste agli avversari di giocare senza arbitro, perché il solo arbitro e giudice è Allah, oltre ai collant indossati in estate e in inverno, per coprire ogni nudità impura, si cerca anche di giocare senza spettatori sugli spalti, una pratica considerata “troppo occidentale”. E’ il caso della squadra di calcio di Lunel, comune situato nel sud della Francia, e soprannominato qualche anno fa la “Raqqa francese”, quando Raqqa era ancora la capitale dello Stato islamico.

 

Ribattezzata “Us Barbus”, Unione sportiva barbuti, da un membro dell’opposizione della République en marche, la squadra, come racconta Valeurs Actuelles, ha più volte respinto gli spettatori che cercavano di avvicinarsi allo stadio: talvolta insultandoli verbalmente, altre volte aggredendoli fisicamente. “E’ un segreto di Pulcinella”, dice Philippe Moissonnier, perché anche l’intelligence è a conoscenza di questa piaga, ma non può fare molto. Manuel Da Silva, presidente dell’Us Lagny Messagers, ha riconosciuto di aver dovuto scegliere i due schedati S, Nabil e Keita, “su pressione degli altri giocatori: o era così o minacciavano di abbandonare la competizione”. E la sua squadra, in prima divisione, si è rapidamente guadagnata il soprannome di “Fc Daesh”.

 

Pierry Fumanal, avvocato specialista di diritto sportivo, ha raccontato al settimanale in che modo gli islamisti puntano sullo sport per fare propaganda. “Ci è mancato poco perché facessi finanziare un club di calcio di Lunel dal Qatar”, ha dichiarato Fumanal. “Un generale del Qatar è venuto a parlarmi proponendomi di trasferire dei fondi in una piccola squadra francese… Io, ingenuamente, gli ho subito parlato di Lunel! (…) Pensavo si trattasse di qualche migliaia di euro. E invece no. Mi proponeva 800 mila euro a condizione che questi soldi servissero anche per rinnovare una moschea! E’ così che il Qatar concepisce il calcio di provincia in occidente… come un flusso dallo stadio verso le moschee!”. E’ la Francia ai tempi di Allah. Negli spogliatoi.