Vince Cable (foto LaPresse)

Sir Vince Cable, il nuovo leader dei libdem britannici, è una mina vagante

Stefano Basilico

Personaggio atipico e piuttosto di rottura. Offre una leadership carismatica, ma sarà in grado di restituire la solidità ideologica che manca da tempo ai centristi?

Come avvenuto per i conservatori lo scorso anno, anche la sfida alla leadership dei liberaldemocratici britannici si è conclusa per il ritiro di tutti i contendenti. A essere incoronato è stato Sir Vince Cable, personaggio atipico e piuttosto di rottura rispetto ai suoi predecessori, Tim Farron e Nick Clegg. Nato a York da una famiglia tory, a ventisette anni si candidò al parlamento con i laburisti, con cui successivamente diventò consigliere comunale a Glasgow, dove ottenne un dottorato. Alla politica affiancò la carriera da economista, lavorando con il governo kenyano, quello britannico, il Commonwealth e la Shell. Nel 1982 si unì ai Social Democrats, che dopo varie fusioni andranno a formare i libdem.

  
Dopo essere stato il vice di Clegg tra il 2006 e il 2010, ora è lanciato verso la leadership dopo il ritiro dei contendenti Norman Lamb, Jo Swinson e in ultimo di Ed Davey.

  
È complesso inscatolare le posizioni di Cable in una categoria politica precisa, visto che è una mina vagante. Sull’austerità ha avuto opinioni spesso in contrasto con il resto del governo Cameron di cui ha fatto parte: propose una maggiore ripartizione dei tagli sostenendo non ci fossero ministeri “intoccabili”, segnalando al tempo stesso la necessità di un aumento della spesa in infrastrutture e in enti locali. Fu l’artefice della privatizzazione di Royal Mail, una mossa criticatissima dai laburisti che, con Jeremy Corbyn, ne hanno proposto la rinazionalizzazione.

 
Suggerì persino di togliere alcuni dei benefici riservati agli anziani, come il bonus per il riscaldamento (idea riproposta nell’ultimo manifesto dei conservatori) e la cancellazione dell’esenzione dal canone tv. Nel periodo più cupo della crisi finanziaria fu tra i sostenitori della nazionalizzazione della banca Northern Rock. Sull’Europa ha appoggiato come il resto del partito una “soft Brexit”, ma si è detto contrario alla possibilità di un secondo referendum e favorevole alle restrizioni all’ingresso dei cittadini UE: “ho seri dubbi sul fatto che la libertà di movimento nell’Ue sia sostenibile, o perfino desiderabile” ha dichiarato. Segretario di Stato al commercio e all’innovazione durante il periodo della coalizione, sarebbe l’unico leader dell’opposizione a Westminster con un’esperienza di governo.

  

Cable fu piuttosto esplicito nel suo ruolo da ministro e si lasciò andare a numerose critiche al premier. Andrew Porter, del Telegraph, scrisse che “appare talmente spericolato da volere quasi che Cameron lo costringa alle dimissioni”. Cable non si trattenne nemmeno parlando dei banchieri, “maneggioni e scommettitori”. Anche in riferimento a Rupert Murdoch usò i guantoni da boxe piuttosto che i guanti bianchi con cui lo trattavano gli alleati tory: “gli ho dichiarato guerra e penso vincerò” disse in riferimento alla scalata BSkyB da parte di News Corporation.

 
L’assegnazione della leadership a Vince Cable segna l’apice del suo gran ritorno in politica: è stato infatti rieletto a Westminster nel seggio di Twickenham, dopo essere stato sconfitto dai conservatori nel 2015. Uno dei punti più alti del piccolo revival liberaldemocratico, che ha visto i centristi guadagnare quattro deputati in più dopo il tracollo subito alla scorsa tornata.

   
La vittoria di Cable alza in modo esponenziale l’età media dei leader dei tre storici partiti britannici: si passa dai 47 anni del trio Cameron-Miliband-Clegg ai 67 di May (60), Corbyn (68), Cable (74) con quest’ultimo alla soglia degli 80 alle prossime elezioni generali. Un cambio di tendenza, specialmente nell’area “lib” che vede l’ascesa di figure sempre più giovani come Macron, Trudeau, Rutte e Michel.

 

Rispetto ai leader dei partiti britannici, sul piano politico l’elezione di Cable significa un ulteriore spostamento a sinistra in tutti i campi, ad accompagnare il “red toryism” della May e il marxismo 2.0 di Corbyn. È legittimo però domandarsi quale appeal potrà avere il nuovo leader sull’elettorato storico dei libdem, composto in prevalenza dall’upper-class giovane, scolarizzata ed europeista, su cui ha puntato gli occhi il labour. Cable potrà offrire una leadership carismatica, ma non sarà probabilmente in grado di restituire la solidità ideologica che manca da tempo ai centristi.

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