Bruxelles, la conferenza stampa del commissario UE per la brexit Barnier. LaPresse/Reuters

Londra ha cinque giorni di tempo per inventarsi un'idea di Brexit

David Carretta

Il calendario dei negoziati è stretto e le domande cui il governo May non ha trovato ancora risposta si moltiplicano

Bruxelles. I negoziati sulla Brexit potrebbero arrivare a una “rottura” già la prossima settimana, quando David Davis incontrerà nuovamente Michel Barnier, dopo che il caponegoziatore per l’Unione europea ha intimato al governo di Theresa May di riconoscere gli obblighi finanziari che il Regno Unito dovrà rispettare dopo l’uscita dall’Ue. I diritti dei cittadini, l’accordo finanziario e la questione delle frontiere tra Irlanda e Irlanda del Nord sono “indivisibili”, ha spiegato Barnier durante una conferenza stampa in vista del secondo round negoziale con Davis che si aprirà lunedì: “Progressi su una o due di queste questioni non sarebbero sufficienti per passare alla discussione sulla relazione futura”. Martedì, davanti alla Camera dei Comuni, il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, aveva invitato l’Ue a “farsi un giro” parlando di “estorsione” di fronte a un conto di 60-100 miliardi. Barnier ha risposto che “non si tratta di un ricatto” ma “di saldare i conti come si fa in tutte le separazioni. Non chiediamo al Regno Unito di pagare un euro o una sterlina in più rispetto a ciò a cui si è impegnato”. Se Davis la prossima settimana non riconoscerà che dovrà pagare per la Brexit, “una rottura è possibile”, spiega al Foglio una fonte comunitaria. Un conflitto sul costo dell’uscita era stato messo in conto, ma non così presto. Il fatto che Barnier oggi sia stato così esplicito è il sintomo di un malessere profondo di fronte a un Regno Unito che, a più di un anno dal referendum, non è ancora pronto a dire quale Brexit vuole.

   

Finora May ha presentato la sua posizione negoziale solo sullo status dei cittadini, ma la proposta è insufficiente perché crea “cittadini di seconda classe”, ha detto Guy Verhofstadt, coordinatore per la Brexit dell’Europarlamento, che ha il diritto di veto sull’accordo finale. Barnier, che domani incontrerà il leader del Labour Jeremy Corbyn, in realtà ha chiesto “chiarezza” su tutto. “Dobbiamo dialogare in modo sostanziale su tutte le questioni della prima fase del negoziato: diritti dei cittadini, accordo finanziario, nuove frontiere in particolare in Irlanda e le altre questioni legate alla separazione come Euratom e il trattamento delle merci immesse sui mercati prima della data della Brexit”, ha spiegato Barnier. “Abbiamo bisogno di sapere su quali punti siamo d’accordo e su quali in disaccordo. Non possiamo perdere tempo”. Il calendario dei negoziati è stretto. Entro ottobre 2018 si dovrà arrivare a un accordo sulle modalità della Brexit, su un eventuale periodo transitorio (durante il quale i britannici resteranno con un piede dentro) e sul quadro della relazione futura tra Regno Unito e Ue. Ma nemmeno su questo c’è più chiarezza. Nella sua lettera di attivazione dell’articolo 50 del 29 marzo scorso, May aveva indicato l’intenzione di uscire dall’Ue, dal mercato interno e dall’unione doganale per arrivare a un accordo di libero scambio. Dopo le elezioni di giugno, le pressioni per una Brexit il più soft possibile sono sempre più forti.

    

Le domande cui il governo May non ha trovato ancora risposta si moltiplicano. Restare dentro Euratom per evitare il rischio di dover spegnere le centrali nucleari inglesi? “Non si può essere parte di Euratom e non essere parte dell’Ue”, ha ricordato Verhofstadt. Andare alla guerra sulla pesca? “Dopo la Brexit avremo la responsabilità comune di gestire gli stock (di pesca) condivisi”, ha risposto Barnier. Mantenere la linea rossa sulla giurisdizione della Corte di giustizia dell’Ue, anche se il mondo delle imprese chiede di abbandonarla per mantenere l’accesso al mercato interno almeno nel periodo transitorio? I diritti dei cittadini europei non possono essere tutelati “solo dalla legislazione e dai tribunali britannici”, ha detto Verhofstadt. L’Europarlamento ha già detto che si opporrà a un prolungamento dei negoziati perché il Regno Unito sarebbe chiamato a partecipare alle elezioni europee del 2019. A May e Davis restano cinque giorni per inventarsi una posizione negoziale su tutta la Brexit.

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