Jeremy Corbyn (foto LaPresse)

Viaggio di un filosofo in Inghilterra

David Selbourne

David Selbourne racconta per il Foglio il suo paese fra pacifismo corbinista, povertà culturale dei conservatori e Brexit. “Il politicamente corretto ha reso invisibile l’elefante nella stanza: l’avanzata dell’islam”

E’una sorpresa per alcuni che Jeremy Corbyn e i neo-trotzkisti (o pseudo-rivoluzionari) del gruppo Momentum siano al comando del Partito laburista. Ma è più sorprendente che il Partito conservatore abbia fatto un lavoro così misero nelle sue opportunità politiche e nei suoi obblighi morali nei confronti del popolo britannico. Il Labour di Corbyn è un coacervo di cause eterogenee, alcune delle quali dettate dalla moda. Includono il pacifismo in tempo di guerra, la politica di diritti senza doveri, le limitazioni al pensiero libero attraverso la correttezza politica e un diluvio di assistenzialismo. Anche la miscela è la celebrazione della “diversità” multiculturale (antisemitismo del Labour a parte), frivolo sostegno ai nemici della ragione occidentale, appello ai giovani, gesti o segni alla “classe operaia” fatti da una distanza privilegiata. I fondatori del XIX secolo del partito devono rivoltarsi nella tomba. Naturalmente si potrebbe dire che siamo già passati da questo prima. Il falso radicalismo non è niente di nuovo.

 

Nel 1937 George Orwell, per esempio, scriveva che “le stesse parole ‘socialismo’ e ‘comunismo’ attraggono verso di loro con forza magnetica ogni bevitore di frutta, nudista, indossatore di sandali, maniaco del sesso, quacchero, ciarlatano della ‘cura naturale’, pacifista e femminista in Inghilterra”. Come i seguaci di Corbyn, anche loro assumevano il falso mantello dei “progressisti”. Ma il “progresso” non ha alcun contenuto fisso. Significa semplicemente un “andare avanti”, e l’agenda del corbinismo nel mondo di oggi, come Orwell avrebbe visto, non è affatto progressista. E’ il contrario. Perché? Perché le società democratiche occidentali sono in caduta libera e sotto minaccia estera. Ma i conservatori stanno aggiungendo disordine nell’affrontare i nostri momenti difficili. Anche la battaglia anti-Eu, con l’opportunità d’oro di abbandonare l’imposizione sovranazionale sul nostro ordine sociale in via di disintegrazione, è inadeguata. Allo stesso tempo, la stessa parola “nazione” è tabù nel vocabolario dei corbinisti. Per loro, la preoccupazione per l’identità nazionale è sinonimo di nazismo. Ma il fallimento conservatore, il fallimento del partito della nazione, è più grande. Nigel Farage ha riempito il vuoto di “destra” per un po’, dicendo al Parlamento europeo che “vogliamo essere una nazione indipendente e autonoma”. I suoi sentimenti erano radicali.

 

Orwell nel 1937 aveva capito che la parola "socialismo" attrae "ogni bevitore di frutta, nudista, indossatore di sandali, pacifista e femminista"

E’ un radicalismo che risale a secoli addietro nella psiche britannica – ai tempi della rivoluzione seicentesca contro la monarchia – ma che la maggior parte della presidenza conservatrice di oggi non è in grado di articolare. Eppure, questi sono tempi decisivi o fatali quando la cittadinanza non è più un segno di appartenenza, o non molto altro che un mezzo di accesso ai benefici materiali e quando non esiste alcuna reciprocità tra diritti e doveri del cittadino. Non c’è più grande fallimento nella storia conservatrice di questo: un fallimento civico. Qui l’elefante nella stanza, sempre più grande ma reso invisibile dalla correttezza politica sia di “sinistra” che di “destra” – dal trotzkismo e dal toryismo – è l’avanzamento politico e morale dell’islam nel mondo. Morale? Sì, morale, ti piaccia o no la morale. Di fronte a questo avanzamento la pluralità di credenze e la molteplicità di appartenenza sono state stupidamente definite come le virtù distintive delle società civili che collassano in occidente. Debilitate dalla vigliaccheria intellettuale nell’affrontare la verità della terza grande sollevazione storica dell’Islam e con il cristianesimo in declino, le nostre società sono state soprattutto indebolite dalle false libertà che noi affermiamo come le nostre forze speciali. C’è qualche sussurro di questo nei ranghi britannici dei Tory? Ovviamente no.

 

Il conservatorismo sembra aver perso ogni conoscenza delle verità e delle regole elementari che sostengono la nazione e le società civile condimentum.

La libertà dei mercati è al centro della fede dei conservatori, proprio come la moralità libera (o l’amoralità) è al centro della politica di Corbyn. E quando i sans-culottes arrabbiati marciano nelle strade contro le molteplici corruzioni nelle loro società, sono chiamati “fascisti”.

 

Nel frattempo, le femministe “progressiste” rimangono in silenzio sulla clitoridectomia, mentre gli assalti a Westminster, Manchester e altrove – condotti da agenti di un potere mondiale in via di sviluppo – sono liquidati come opera di semplici “terroristi” senza partito o nome. Dopo che il mio libro “The losing battle with Islam” è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 2005, John Kerry mi ha telefonato e sono stato in contatto con lui fino al 2013, quando è diventato segretario di stato. Gli ho detto che “la paura di offendere l’islam, l’ignoranza, la belligeranza contro di essa e il debole compromesso con essa” era “la peggiore di tutte le combinazioni”. “Sono d’accordo con gran parte di quello che pensi”, mi ha detto il 3 febbraio 2013. Ho anche raccomandato ai suoi assistenti di “dare una sbirciata al Corano”. Non ci sono segni che lo abbiano fatto. Per quanto riguarda le risposte del presidente Obama alla sfida dell’Islam, essi vacillavano tra appagamento benigno, irresoluzione e aggressività. Tali incoerenze – e le evasioni delle verità sgradevoli – sono sintomi dei nostri tempi complessi nel paese come nella politica estera, a destra come a sinistra. Il parlare chiaro è un premio, ed è ora il segno distintivo di coloro che stanno al di fuori della classe politica consolidata e che non hanno paura di dire quello che pensano. Per farlo, non devi appartenere ad alcun partito, o ai margini del dibattito pubblico. “Si tratta dell’identità, della comunità, della comunanza. Abbiamo fatto un terribile confusione”, ha detto giustamente Farage, ancora nella vecchia tradizione radicale. Inoltre, mentre Brexit è in difficoltà, I Tory devono tener conto dell’affermazione di Farage per cui “questo paese è qualcosa di più che essere competitivi”. Potrebbero anche riconoscere la validità del piano di Corbyn per rinazionalizzare la Royal Mail privatizzata, anche se è la politica del gesto piuttosto che la vera sostanza. In fin dei conti, Adam Smith, il filosofo dei filosofi del mercato libero, non solo pensava che l’Ufficio postale debba sempre essere in mano pubblica, ma che il governo da e per i “commercianti e industriali” era “forse il peggiore di tutti i governi di qualsiasi paese”. Ma il conservatorismo di oggi non sa nulla di questo. E avendo perso di vista le verità e le regole elementari che sostengono la nazione e sostengono la società civile, il corbinismo si è affermato nel momento più critico della storia della Gran Bretagna dalla Seconda guerra mondiale.

 

David Selbourne è autore di “The Principle of Duty: An Essay on the Foundations of the Civic Order”. Ha insegnato per vent’anni Storia delle idee politiche al Ruskin College, Oxford, e suoi articoli sono apparsi sul Times, il Daily Telegraph, l’Independent e il New Statesman.

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