Vladimir Putin (foto LaPResse)

Una convergenza viziosa

Andrea Romano

L’asse tra Mosca e Washington si rafforza, ma che cosa ci guadagna l’Ue? Un girotondo di opinioni, tra vasi di terracotta e un “sottosopra” che conviene

Nell’alleanza tra Vladimir Putin e Donald Trump, più che opportunità, vedo soprattutto rischi per l’Europa. Prima di tutto bisogna capire di che asse stiamo parlando: è un’alleanza per fare cosa? Negli anni Ottanta, l’asse tra Gorbaciov e Reagan aveva una strategia chiara, che voleva portare al disarmo e alla restaurazione di un dialogo. Quell’asse investiva sulla comunità internazionale e l’Europa infatti si inserì in modo efficace in quella dinamica, aiutando a raggiungere gli obiettivi dell’alleanza. Oggi quest’asse Mosca-Washington ha tutt’un altro aspetto. L’Europa corre un rischio molto alto nella convergenza viziosa tra l’isolazionismo di Trump e il revisionismo – inteso come revisionismo delle frontiere – di Putin: si tratta di un incrocio molto pericoloso, che mi fa tornare in mente gli anni Venti.

Non voglio essere troppo catastrofico, ma l’asse tra un isolazionismo americano e un revisionismo di confini russo non appare come una prospettiva di pace, anzi, semmai è vero il contrario: il ripiegamento su loro stessi dei due principali attori mondiali esclude il resto del mondo, e porta a maggiori conflitti. L’Europa che è già in crisi non può che uscirne che più indebolita: l’Unione europea non ha né idee né soprattutto leadership, non vedo come possa ritagliarsi uno spazio internazionale efficace. Temo che l’Europa sia più destinata a fare la fine del vaso di terra cotta costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro.

Andrea Romano è condirettore dell’Unità

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