Angela Merkel (foto LaPresse)

“Multiculturalismo fallito”

“Mecca Germania”. Merkel fustiga la sharia e la Dea Iustitia col burqa

Giulio Meotti

Ministri e politici avevano giustificato questo sistema giuridico parallelo: “Può servire alla causa dell’integrazione”. Come lavora la legge islamica

Roma. Angela Merkel non aveva mai avuto parole così chiare e dure nel dibattito sull’islam. “Il nostro diritto deve avere il primato rispetto a regole di tribù, di clan e anche della sharia”, ha detto ieri la cancelliera tedesca. “E il velo integrale dovrebbe essere vietato, ove possibile”. E’ la sua presa di posizione più forte dal 2010, quando Merkel disse: “L’approccio multiculturale è fallito, completamente fallito”, scandì a Potsdam. Due giorni prima il settimanale Spiegel, voce del giornalismo liberale tedesco, aveva pubblicato un’inchiesta dal titolo: “Il ruolo della legge islamica nelle corti tedesche”. Lo stesso Spiegel, quando nel 2005 Merkel venne eletta la prima volta, uscì con una copertina-choc: “Mekka Deutschland”, e la mezzaluna sopra la Porta di Brandeburgo. Importanti elementi del diritto prodotti in Arabia Saudita nel VII secolo sono da tempo confluiti nel sistema tedesco.

Il primo a teorizzare questa ibridazione è stato Jochen Hartloff, il ministro dell’Interno della Renania-Palatinato, che al tabloid berlinese BZ aveva detto che la sharia, in una “forma moderna”, è accettabile in Germania. Secondo Hartloff, il codice morale islamico “è certamente contemplabile quando si tratta di questioni relative alla legge civile”. Stephan Mayer, giurista e parlamentare della Csu alleata di Merkel, gli ha risposto che “è inconcepibile che un ministro favorisca tali idee, la sharia è barbara e disumana in tutte le sue forme”. Ma altri politici, anche a destra, si sono schierati a favore. Come Michael Frieser, esperto di integrazione al Parlamento tedesco, che alla Süddeutsche Zeitung ha detto che la proposta Hartloff “in ultima analisi può servire la causa dell’integrazione”. Un tribunale tedesco ha appena stabilito che gli islamisti che avevano formato una ronda per far rispettare la sharia per le strade di Wuppertal, esortando i passanti ad astenersi da alcol, droghe, gioco d’azzardo, musica, porno e prostituzione, non hanno violato le leggi, ma semplicemente esercitato il loro “diritto alla libertà di parola”. Nel maggio scorso invece una Corte d’appello di Bamberg ha convalidato l’unione tra una ragazza siriana di quindici anni e un cugino di ventuno.

Il tribunale ha stabilito che, conformemente alla sharia, il matrimonio era valido perché era stato contratto in Siria, legalizzando de facto i matrimoni minorili in Germania. Un tribunale di Kassel ha ordinato a una vedova di condividere la pensione del defunto marito marocchino con un’altra donna con cui l’uomo era anche sposato. Un giudice di Francoforte ha usato il Corano in una causa di divorzio che coinvolgeva una donna tedesca che era stata ripetutamente picchiata dal marito marocchino. La giudice Christa Datz-Winter si è rifiutata di accordare il divorzio, citando la quarta sura del Corano, che giustifica “il diritto del marito di utilizzare le punizioni corporali contro una donna disobbediente e la superiorità del marito nei confronti della moglie”.

Un giudice di Essen ha stabilito che le allieve musulmane non possono essere costrette a partecipare alle lezioni di nuoto: “Incompatibili con la loro religione”. Un tribunale di Hamm ha stabilito che chiunque contragga matrimonio secondo la legge islamica in un paese musulmano e poi chieda il divorzio deve rispettare le condizioni del contratto di matrimonio stabilite dalla sharia, legalizzando la pratica della sharia del “triplo talaq”, secondo cui si può divorziare pronunciando tre volte “Io ti ripudio”. Questo per restare ai tribunali tedeschi. Si stima che siano circa cinquecento i giudici che dirimono controversie civili fra i musulmani in Germania. Il ministero dell’Interno ha appena rivelato che 1.475 minori sposati vivono in Germania dal 31 luglio 2016, e tra questi 361 hanno meno di quattordici anni.

Wolfgang Bosbach, dell’Unione cristiano-democratica (Cdu), ha denunciato che “anche se qualcuno rifiuta di ammetterlo, un sistema giuridico parallelo si è progressivamente instaurato in Germania”. Il 23 novembre la Bild, il più diffuso quotidiano tedesco, ha ammonito sulla “capitolazione (del paese, ndr) alla legge islamica”. E uno dei suoi editorialisti più noti, Franz Solms-Laubach, ha scritto che “anche se ci rifiutiamo ancora di crederlo, intere zone della Germania sono governate dalla legge islamica. Se lo stato di diritto non riesce ad affermare la sua autorità e a farsi rispettare, allora può immediatamente dichiarare fallimento”. E’ la stessa Bild che ha messo in copertina la statua della Dea Iustitia col capo coperto dal velo islamico e il Corano su uno dei due piatti della bilancia.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.