Javier Duarte de Ochoa (immagine di Youtube)

In Messico i “governatori in fuga” dalla giustizia imbarazzano Peña

Eugenio Cau
Il governatore dello stato di Veracruz, Javier Duarte de Ochoa, accusato di corruzione e malversazione di fondi statali, è scappato. Come per braccare un capo narcos, la polizia ha messo in piedi una grande caccia all’uomo in tutto il paese. Ma Duarte non è solo: si unisce a un club nutrito di ex governatori in fuga.

Roma. Da quasi un mese in Messico il governatore di uno degli stati più importanti della repubblica federale è fuggitivo. Non perché la sua vita sia in pericolo, ma perché è ricercato dalla legge per gravi reati di corruzione che avrebbero defraudato lo stato di centinaia di milioni di dollari. Javier Duarte de Ochoa dal 2010 è governatore dello stato di Veracruz, sulla costa atlantica, per il Partito rivoluzionario istituzionale (Pri), lo stesso del presidente Enrique Peña Nieto. Avrebbe dovuto abbandonare l’incarico nei prossimi mesi dopo che il suo partito ha perso le elezioni locali dello scorso giugno, ma invece ha rassegnato le sue dimissioni il 12 ottobre, ufficialmente per difendersi dalle accuse di corruzione e dalle indagini che da anni si accumulavano contro di lui. In un video sul sito ufficiale del governo, Duarte ha detto che lasciava l’incarico prematuramente per tenersi le mani libere, e ha salutato i veracruzani dicendo che “continueremo a camminare insieme sempre in avanti”.

 

Ma il 13 ottobre Duarte è scomparso, in fuga come un capo narcos che si dà alla macchia. Come per braccare un capo narcos, la polizia ha messo in piedi una grande caccia all’uomo in tutto il paese, che però oltre a non aver dato risultati ha in più di un’occasione messo in ridicolo le forze dell’ordine – da ultimo negli scorsi giorni, quando i poliziotti hanno fatto un raid in grande stile seguendo soffiate non verificate postate su Twitter. Duarte è accusato di corruzione e malversazione di fondi statali. Secondo i contabili federali, tra il 2011 e il 2015 la sua amministrazione ha dal governo ricevuto 2,6 miliardi di dollari che sarebbero finiti nel nulla o in spese non giustificabili. Da anni nell’opinione pubblica messicana Duarte, uomo corpulento e dalla voce stridula, con una striscia rada di capelli impomatati sulla sommità della testa, è visto come la personificazione stessa della corruzione in Messico, e l’onda terribile di violenza che ha investito Veracruz non ha fatto che acuire la percezione del malgoverno. Oltre a migliaia di vittime civili della criminalità organizzata, sotto il governo di Duarte nella sola Veracruz sono stati uccisi 19 giornalisti e otto sono dispersi, numeri record anche per il Messico. Duarte ha inoltre lasciato Veracruz con un debito record di 837 milioni di dollari.

 

La fuga di Duarte ha messo in difficoltà il presidente Peña Nieto, il cui ritratto ancora appariva in bella vista dietro al governatore durante il videomessaggio di saluto, e il cui tasso di approvazione è il peggiore della storia democratica del paese. Ma l’imbarazzo è grande per tutta la classe politica messicana. Anche perché Duarte non è solo, e si unisce a un club nutrito di ex governatori in fuga. Tomas Yarrington ed Eugenio Hernández, i due ultimi governatori dello stato di Tamaulipas, nel confine nord, sono entrambi ricercati negli Stati Uniti per riciclaggio di denaro, ma si negano da anni alla giustizia americana, nonostante le ripetute richieste di estradizione. In teoria i due sarebbero fuggiaschi in Messico, ma secondo fonti locali vivono da uomini liberi con la compiacenza delle autorità. Al contrario, Guillermo Padrés, fino al 2015 governatore di Sonora, alla frontiera nord, è ricercato attivamente dalla polizia messicana, anche lui per riciclaggio di denaro compiuto mentre era in carica e per altri reati fiscali. L’Interpol ha perfino emesso contro Padrés un mandato di cattura internazionale che lo rende ricercato in più di 190 stati.

 


Il presidente del Messico Peña Nieto (foto LaPresse)


 

Insomma, oltre alla crisi del narcotraffico, e in collegamento a essa, il Messico vive una crisi giudiziaria generalizzata, ed è difficile parlare di giustizia politicizzata dal momento che i politici inquisiti, governatori e non, appartengono senza distinzioni a tutti i partiti dell’arco costituzionale. Peña Nieto, presidente riformatore le cui misure per migliorare l’economia sono state elogiate da più parti, ha trascurato la debolezza cronica dello stato di diritto, ha cercato di mettere sotto il tappeto i problemi della violenza e della corruzione, e ora ne paga le conseguenze. Il governo promette azioni risolute, ma per ora sembra che al peggio non ci sia fine. Il vincitore delle elezioni di giugno in Veracruz, governatore eletto che si prepara a sostituire Duarte, è stato accusato dai media non solo di arricchimento illecito, ma anche di pederastia.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.