Julian King, sarà lui l'ultimo commissario Ue del Regno Unito (foto LaPresse)

Julian King, l'ultimo commissario britannico della storia dell'Ue, fa già innervosire gli europarlamentari

Luca Gambardella

Non esistono “contraddizioni” tra l’essere inglese ed europeo, dice rassicurante. Ma nelle tensioni della Brexit ogni parola diventa scintilla. Per non parlare del negoziato

Roma. “Servirò l’interesse generale dell’Europa e solo quello”. L’ex diplomatico britannico Julian King, commissario in pectore per la Sicurezza dell’Ue, ha cercato parole rassicuranti per convincere la Commissione per le Libertà civili del Parlamento europeo che anche in tempi di Brexit “non esiste alcuna contraddizione” tra l’essere inglese e l’essere europeo. Domani l’Europarlamento si appresta a votare con larga maggioranza in favore di colui che sarà l’ultimo commissario europeo del Regno Unito. Nel portafoglio di King rientreranno competenze delicate e su cui fino a oggi è sempre mancata una volontà politica comune tra gli stati membri: la condivisione di informazioni di intelligence, la lotta alla radicalizzazione religiosa e l’antiterrorismo. Secondo alcuni europarlamentari è singolare che l’Ue affidi competenze simili a un rappresentante di un paese che ha chiesto di uscire dall’Unione.

 

La questione Brexit è rimasta fuori dall’audizione di lunedì. “Un intervento molto professionale e generalmente positivo. Sono contenta che la Brexit non incida nella lotta al terrore”, ha commentato la socialista Birgit Sippel. Altri però non hanno potuto fare a meno di sottolineare il cortocircuito generato dalla nomina di King, chiamato a sostituire Jonathan Hill, il commissario alle Finanze dimessosi dopo la Brexit. “La nomina di un commissario britannico è la ciliegina sulla torta per gli euroscettici e il suo rifiuto di parlare di Brexit è un insulto per gli europei”, ha attaccato la francese Sylvie Goulard, membro dei Liberal-democratici (Alde). Oltre a King, altre due cariche nel settore della sicurezza sono già ricoperte da britannici: quella di Rob Wainwright, direttore dell’Europol, e quella di Claude Moraes, presidente della Commissione parlamentare per le Libertà civili, Giustizia e Affari interni. “Sono personalità competenti ma qui la nazionalità ha un peso e il contesto politico è delicato”, ha commentato su Politico l’europarlamentare olandese Sophie In‘t Veld.

 

La scelta di un diplomatico d’esperienza come King fu uno degli ultimi atti ufficiali di David Cameron prima delle sue dimissioni dopo il voto sulla Brexit. Il profilo è quello di un convinto europeista con esperienza pluriennale tra le istituzioni: a Bruxelles ha lavorato prima alla Rappresentanza permanente del Regno Unito e poi come capo di gabinetto di Catherine Ashton alla Direzione generale per il Commercio. “Alla fine Londra resterà distante due ore di treno da Parigi e due da Bruxelles. I terroristi non fanno distinzione tra Parigi, Bruxelles e Londra”, ha detto King agli europarlamentari, convinti che in realtà qualche differenza esista.
La nomina arriva a pochi giorni dalla scelta della squadra che rappresenterà l’Ue al tavolo delle trattative sulla Brexit. Oltre a Didier Seeuws, ex diplomatico belga che negozierà per conto del Consiglio, il francese Michel Barnier rappresenterà la Commissione e il liberale belga Guy Verhofstadt l’Europarlamento. Tutti e tre sono accomunati da un forte sentimento europeista ma a spaventare Londra è in particolare Verhofstadt: dalla dialettica disinvolta tanto in Aula quanto davanti alle telecamere, è stato premier belga per tre mandati ed è considerato l’anti Farage di Bruxelles. “Odia tutto quello in cui noi crediamo, ovvero in un negoziato rapido”, ha commentato il portabandiera del leave britannico. A preoccupare oltre Manica è anche la nomina di Barnier, ex ministro francese considerato dagli ambienti diplomatici quanto di più distante esista dal modello anglosassone di libero mercato. Già commissario europeo per il mercato interno tra il 2010 e il 2014, fece infuriare Londra per i suoi continui appelli a una maggiore regolamentazione finanziaria nell’Ue. E se il segretario di stato britannico David Davis ha detto lunedì al Parlamento britannico che le nomine di Bruxelles renderanno quello sulla Brexit “il negoziato più complicato della storia”, forse qualche ragione c’è.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.