Marinai britannici della HMS Duncan, della flotta Nato (foto LaPresse)

Dopo la Brexit Parigi vuole spodestare Londra nel cuore della Nato

Luca Gambardella

Una delegazione francese ha già visitato Washington per convincere gli americani che la Francia è l'alleato ideale. Quanto ha da perdere Theresa May 

Roma. Dopo la Brexit il Regno Unito rischia di perdere il ruolo di primo alleato degli Stati Uniti nella Nato e a sostituirlo potrebbe essere la Francia. Secondo il Times questa è molto più di un'ipotesi: già la scorso settembre una delegazione del governo francese, composta da un funzionario del ministero del Difesa e da un capitano della Marina, ha fatto visita ai colleghi americani per convincerli che Parigi, seconda potenza militare europea dopo Londra, è la scelta giusta per occupare il posto di "numero due" dell'Alleanza atlantica. Il passaggio di consegne sarebbe un'enorme perdita di prestigio per il Regno Unito, che occupa il ruolo di vicecomandante delle forze alleate quasi ininterrottamente dal 1951 (il primo fu il Generale Marshal Bernard Montgomery).

 

Con l'avvicinarsi di marzo, quando il premier britannico Theresa May ricorrerà ufficialmente all'articolo 50 del Trattato di Lisbona per avviare il processo di separazione dall'Ue, anche i vertici militari europei si interrogano su come gestire le relazioni con Londra nel campo della Difesa. "Sono già in corso alcune discussioni sulla possibilità che il ruolo venga trasferito a un paese membro dell'Unione europea", ha ammesso Malcolm Chalmers, direttore generale del think tank britannico Royal United Services Institute (Rusi). Già consigliere di due segretari di stato per gli Affari esteri britannici (Jack Straw e Margaret Beckett), Chalmers ha messo in guardia Theresa May. Rompendo ogni relazione con l'Ue sul fronte della Difesa, Londra rischia di perdere anche l'occasione di influenzare le scelte politiche in aree economiche strategiche. In particolare, Chalmers cita i Balcani, l'Ucraina, l'Africa del nord e la Turchia, tutti partner economici di primo piano e prossimi all'adesione al mercato unico europeo. Inoltre, verrebbe meno il ruolo di ponte tra Washington e Bruxelles, storicamente assunto da Londra nelle relazioni transatlantiche.

 

Il messaggio che l'ex consigliere recapita alla May è che se il premier crede che la Brexit non avrà conseguenze sul ruolo del Regno Unito nella gestione della sicurezza e della Difesa del paese si sbaglia. Dice Chalmers che "se anche un avvicendamento con la Francia potrebbe avere conseguenze relativamente limitate, il solo fatto che l'ipotesi venga presa in considerazione" è la prova che May dovrebbe prestare attenzione a come ridisegnare la geometria dei rapporti con l'Ue. Secondo il direttore del Rusi, il governo britannico deve vincere la tentazione di puntare tutto sulla "special relationship" con gli Stati Uniti a scapito dell'Ue. L'alternativa, spiega, è fare esattamente l'opposto: spostare il cuore della politica estera britannica in Europa perché, che lo voglia o no, "anche dopo la Brexit, il Regno Unito e l'Ue continueranno a condividere stessi interessi e valori fondamentali".

 

James Blitz ha scritto sul Financial Times che per May non sarà facile coltivare questa relazione privilegiata con l'Europa, dato che "una volta fuori dall'Ue, il Regno Unito non parteciperà più alle centinaia di riunioni in cui i paesi membri decidono come rispondere alle crisi internazionali". A rendere quasi un obbligo la cooperazione tra Londra e Bruxelles potrebbe essere piuttosto il semplice corso degli eventi. Secondo Blitz, "se la Russia continuerà a potenziare la propria influenza ai suoi confini occidentali, magari come frutto di un compromesso concluso proprio con Trump", il premier britannico potrebbe riconsiderare la propria posizione.

 

Del futuro incerto delle relazioni militari tra l'Ue e il Regno Unito si parla sin dall'indomani del referendum sulla Brexit. In un report di luglio, il Centre for European and Policy Studies aveva scritto che, Brexit o no, Bruxelles non potrà fare a meno della prima industria della Difesa europea. La prospettiva di un asse alternativo tra Francia e Germania non riuscirà a colmare il vuoto lasciato dall'alleato britannico. Il Regno Unito è tra i primi cinque finanziatori europei della Nato e insieme alla Francia rappresenta il 40 per cento degli investimenti europei nel settore della Difesa nell'Ue. Ma la reticenza di Londra nell'impegnarsi in missioni europee non è iniziata col referendum del giugno scorso. Nonostante l'impegno economico, Londra è solo quinta tra i paesi che contribuiscono alla Difesa comune europea (dopo Francia, Italia, Germania e Spagna) e settima per le missioni civili. Un disimpegno che rischia di accentuarsi nei prossimi mesi. "La separazione tra l'Ue e il Regno Unito probabilmente approfondirà la tendenza recente verso una politica di sicurezza basata sull'interesse nazionale", spiega Chalmers. E l'inizio dell'èra Trump in nome del'"America first" potrebbe "favorire questa propensione, gettando ulteriori dubbi sulla possibilità che l'ordine istituzionale dell'occidente post 1945 possa sopravvivere".

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.