Brexit, gli stati fondatori non faranno nulla

Jean-Claude Piris
Oggi si vota sulla Brexit, le profezie sul futuro del Regno Unito e nostro sono molte. Alcuni politici, esperti e giornalisti ci dicono come dovrebbe essere un’Ue che funziona, tra integrazione e risentimento.

Oggi si vota nel Regno Unito al referendum sulla permanenza nell’Unione europea. In gioco non c’è soltanto lo status britannico ma il futuro di tutto il continente. Abbiamo chiesto ad alcuni esperti internazionali che cosa pensano di questa consultazione e soprattutto come immaginano, come sognano, un’Europa che funziona. Per alcuni la Brexit è un’opportunità anche per il continente, per altri un disastro, tutti dicono che è necessario, comunque vada, reagire in fretta. Ecco l'intervento di Jean-Claude Piris. Tutti gli altri interventi sono disponibili nel Foglio di oggi, che potete scaricare qui.


 

Dopo il 23 giugno, l’Europa dovrà agire velocemente. Qualsiasi sia la decisione del Regno Unito, l’Ue dovrà combattere l’euroscetticismo muovendosi con rapidità, ma rinforzare l’Ue cambiando i trattati è escluso. Il mercato unico e la politica commerciale sono progetti riusciti perché gli stati membri hanno dato all’Ue i poteri necessari. Proteggendo la loro sovranità, si rifiutano di darli per l’unione economica e monetaria (budget nazionali) e la libertà di circolazione delle persone (politiche d’immigrazione nazionali) che sono quindi un mezzo fallimento. Rafforzare la zona euro è un’illusione: i 19 stati che vi fanno parte dovrebbero condividere la loro sovranità (politica bancaria, economica e budgetaria), ma si rifiutano perché le loro economie e le loro politiche divergono. Gli stati fondatori non faranno nulla: alcuni, tra i sei fondatori, non vogliono cedere sovranità, e questo dividerà l’Ue. In questo ambito un’iniziativa franco-tedesca è poco probabile: le politiche di questi due stati sono oggi diverse.

 

Dopo che si terranno le elezioni nel 2017, i loro leader potranno proporre di rafforzare i legami tra gli stati dell’Euro zona che lo vogliono. Dopo il 24 giugno, l’Ue potrebbe : migliorare la situazione dei paesi dell’Eurozona che sono più tormentati dalla disoccupazione : evitare le riduzioni budgetarie eccessive in questi paesi, accettare una ristrutturazione moderata del debito sovrano, incoraggiare i paesi creditori a far crescere i loro budget, creare un meccanismo europeo di riassicurazione-disoccupazione. In secondo luogo l’Europa potrebbe prendere misure d’emergenza sull’immigrazione, trasferendo risorse alla Grecia e all’Italia, organizzando il controllo dei migranti, riformando il sistema di Dublino, adottando politiche per i paesi della zona Marocco-Turchia-Africa subsahariana, legando le politiche commerciali e gli aiuti all’emigrazione, aiutando finanziariamente Giordania, Libano, Turchia ad accogliere i rifugiati, aiutando la Libia e gli altri paesi a lottare contro il traffico dei migranti, organizzando il controllo europeo della frontiera esterna.

Jean-Claude Piris consulente in diritto europeo e diritto internazionale pubblico, ex direttore generale del Servizio giuridico