Yanis Varoufakis (foto LaPresse)

Se la Ferrari è una colpa, ripassate la Varoufakis inc.

Alberto Brambilla

Appunti per i benpensanti amanti dei ricchi che ciarlano di povertà. Il “poster-boy” del partito della sinistra greca Syriza è famoso per le corse in sella alla Yamaha XJR 1300 e ha una casa con terrazzo ai piedi dell’Acropoli. L’ipocrisia di una certa sinistra che ha assecondato l’idolatria per le “rock-star” del genere post-comunista.

Roma. Quelli che benpensano “come le supposte abitano in blisters full-optional con cani oltre i 120 decibels e nani manco fosse Disneyland, vivon col timore di poter sembrare poveri, quel che hanno ostentano, tutto il resto invidiano, poi lo comprano…”, rappava Frankie Hi-Energie nel 1997. Il velenoso testo dell’mc d’origine torinese, all’anagrafe Francesco Di Gesù, è attuale perché descrive anche l’ipocrisia di una certa sinistra che ha assecondato l’idolatria per le “rock-star” del genere post-comunista. Odiano i capitalisti, biasimano chi ha una Ferrari, come il candidato sindaco di Roma Alfio Marchini, osannano chi piange per i poveri, chi predica l’eguaglianza sociale, e poi ostentano ricchezza. Nulla di male, sia detto: maneggiare lo “sterco del diavolo” è piacevole, purché poi non si getti (lo sterco) in faccia al prossimo.

 

Yanis Varoufakis è stato il “poster-boy” del partito della sinistra greca Syriza e, di riflesso, l’idolo a queste latitudini dei vari Boldrini e Landini; il leader dei metalmeccanici Fiom è peraltro un fan del progetto coalizionista paneuropeo dell’ex ministro delle Finanze greco, DiEM25. L’estate scorsa, Varoufakis, nel pieno delle sue funzioni fisiche (è palestrato) e politiche, cospirò contro la Banca centrale europea per trascinare la Grecia fuori dall’euro. Nella fase più acuta del rischio Grexit, tra un’ospitata televisiva e l’altra – i 24 mila euro per volare in prima classe da Fazio a “Che tempo che fa” furono un caso in Rai –, conquistava le copertine di riviste glam come Esquire e Paris Match con servizi dedicati alle sue camicie sgargianti. Intanto i greci facevano la coda agli sportelli bancari, ai supermercati, ai distributori di benzina nel timore di una bancarotta lampo.

 



 

Varoufakis, figlio del novantenne Giorgos, capo dell’impresa siderurgica Halyvourgiki, è famoso per le corse in sella alla Yamaha XJR 1300; la bella evoluzione di una classica anni 90. Dopo avere consumato la quadricilindrica nera lungo le strade di Atene per unirsi alle tese riunioni dell’esecutivo Tsipras, l’ha poi offerta in premio a chi avesse provato l’accusa lui rivolta di avere venduto la capitale originaria d’Europa ai fondi speculativi americani. Nessuno deve avere dimostrato l’oltraggio. La moto sarà al sicuro nella sua casa ai piedi dell’Acropoli, sul cui terrazzo fu ritratto insieme alla bella moglie, la visual artist Danae Stratou. Con lei si rifugiò nella villa sull’isola di Egina nei giorni del “dracma greco” (se a qualcuno interessa, l’affitto è 5 mila euro a settimana). Risulta pure che l’economista dal pedigree accademico anglosassone, sedicente marxista “irregolare”, non abbia fiatato quando le restrizioni sui capitali vennero sollevate alla ricca chiesa ortossa prima che al popolo greco; servivano per sfamare i miserabili, si disse.

 

La lista degli idoli va poi dalla Grecia all’India se prendiamo la guerrigliera anti Ogm Vandana Shiva, madrina di Expo, paladina dei contadini, che propaganda l’agricoltura bio e le teorie della decrescita care a Carlin Petrini, il patron dell’industria culinaria e pubblicistica Slow Food che ieri si scandalizzava per i “troppi chef in televisione, mentre il mondo ha fame”. Vandana vive per impedire la diffusione di sementi ad alta resa, fa la conferenziera globetrotter senza titoli accademici (per i detrattori prende 40 mila dollari a comparsa) e non manca mai di visitare la ABC Carpet & Home, la mecca dell’arredamento etico a New York.
Come non parlare, infine, di Thomas Piketty, fustigatore di capitalisti. L’autore del bestseller “Il capitale nel XXI secolo”, nonché economista dell’École d’économie de Paris, ha fatto della diseguaglianza sociale un tema da sfoggiare durante un aperitivo. Quando passò da Roma per una conferenza, Fassina, D’Alema e Civati lo omaggiarono della loro presenza. Era anche inseguito da signore d’Armani vestite, forse incuranti del fatto che, per quanto attento al reddito degli ultimi, Thomas le sue donne le prendeva pure a schiaffi.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.