Donald Trump (foto LaPresse)

Effetti collaterali

Affossando la Nato, Trump fa emergere tutti i critici dell'Alleanza

Paola Peduzzi
“Obsoleta e costosa”, dice Donald. Grande scorno, ma prende piede l’idea che gli europei debbano fare di più

Milano. Donald Trump dice che la Nato è “obsoleta”, che “ci costa una fortuna”, che gli americani “non sono rimborsati in modo equo per quel che fanno”, che molti membri dell’Alleanza “non stanno pagando la loro giusta quota”, che “o la pagano, compresi gli arretrati, o devono andarsene. Se poi si spacca la Nato, si spacca la Nato”. Fino alla settimana scorsa il candidato repubblicano alla Casa Bianca aveva sostanzialmente ignorato le questioni di politica estera, poi ha iniziato a occuparsene (in prima persona, perché come ripete spesso è sempre lui il più “smart” del team) e se l’è presa in particolare con gli alleati europei. Le reazioni inorridite non si sono fatte attendere, il presidente Barack Obama ha detto, senza citare il nome, che Trump non sembra capire nulla del mondo, e le diplomazie occidentali hanno fatto le loro rimostranze. Ma come ha sottolineato Molly O’Toole su Foreign Policy, in un articolo dal titolo “E’ ancora rilevante la Nato?”, gli attacchi all’Alleanza atlantica non sono un’esclusiva di Trump. Cioè, per lui non ha alcuna rilevanza il fatto che la Nato si possa spaccare, anzi, in parte se lo augura, ma che partecipazione ed equità siano motivo di frizioni continue non è una novità. Gli americani, anche democratici, hanno spesso sottolineato che gli alleati “non fanno la loro parte” nel rendere efficace la Nato: ogni paese membro dovrebbe destinare il due per cento della propria spesa militare alla Nato, ma oltre agli Stati Uniti soltanto altri quattro paesi (tra cui l’Italia) lo fanno.

 

Nel 2011, l’allora segretario democratico alla Difesa Leon Panetta disse che la riluttanza agli investimenti nella Nato da parte degli europei “erodeva la volontà politica di fare qualcosa per loro”. Più o meno gli stessi termini sono stati utilizzati da Bob Gates e Chuck Hagel, entrambi ex capi del Pentagono repubblicani che hanno lavorato nell’Amministrazione Obama. E anche Obama, intervistato dall’Atlantic, ha parlato di alleati “free riders”, sostenendo appunto lo stesso principio: a cosa servono le alleanze se poi il carico delle missioni è sugli Stati Uniti?  Secondo una rilevazione dell’anno scorso di Pew Research, dal 2009 al 2015 la percezione favorevole della Nato presso il pubblico americano è scesa dal 53 al 49 per cento: il 56 per cento dei democratici è favorevole, contro il 43 per cento tra i repubblicani. Ma nel momento in cui si passa a parlare degli obblighi della Nato nella difesa dei suoi partner, come nel caso di un’aggressione russa (che per i vertici dell’Alleanza è imminente), il 69 per cento dei repubblicani dice che Washington deve fornire assistenza militare, mentre tra i democratici la percentuale è del 47 per cento. Che è come dire: toccare la Nato è da bruti come Trump, ma l’amore per la Nato è in declino ovunque.

 

Cosa fare, allora? Trump dice che anche gli americani dovrebbero investire di meno nell’Alleanza, visto che è uno strumento vecchio e inefficace, mentre la maggior parte degli altri critici, Obama per primo, vorrebbe stimolare gli alleati europei a un maggior impegno. Tara McKelvey, reporter della Bbc, ha sezionato le proposte di Trump chiedendo a esperti di politica estera di commentarle, e per quel che riguarda la Nato scrive che, se l’impianto dell’Alleanza è fondamentale per gestire le relazioni internazionali, “dire cose brutte sulla Nato fa aumentare la pressione sugli europei, che potrebbero così prendere con più serietà l’Alleanza, e spenderci più soldi”. Siamo sempre nell’ambito delle ipotesi, ma Ross Douthat, commentatore conservatore del New York Times, ha scritto che nel tempo si potrebbero invertire anche i rapporti di forza nella relazione transatlantica: a causa della tendenza isolazionista che attraversa l’America e i suoi candidati (anche Bernie Sanders per dire), l’Europa potrebbe ritrovarsi a essere più Marte che Venere. L’élite statunitense è ancora molto marziana, ma si sa che non vive un momento di grande popolarità. L’Europa è sempre venusiana, ma avendo gravi problemi di sicurezza, potrebbe riscoprire l’ascendenza di Marte per compensare la ritrosia americana.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi