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Il Venezuela al voto. Perché Maduro potrebbe non essere riconfermato

Maurizio Stefanini
Trenta dei 34 sondaggi che sono stati fatti danno la vittoria all’opposizione. Ma c'è stata una importante ripresa di popolarità per Maduro nei giorni finali della campagna


Sono 19,5 milioni i venezuelani chiamati domenica al voto per eleggere i 167 deputati dell’Assemblea Nazionale. Trenta dei 34 sondaggi che sono stati fatti danno la vittoria all’opposizione: la Tavola dell’Unità Democratica (Mud), 21 partiti che coprono tutte le sfumature del pensiero politico dalla destra alla sinistra. Un’inchiesta dell’istituto demoscopico Datanálisis è arrivata a dare alla Mud addirittura il 63,2 per cento, contro il 28,2 di quel Grande Polo Patriottico Simón Bolívar in cui il chavista Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv) sta assieme a un’altra quindicina di sigle satelliti.

 

 

I motivi di una sconfitta di Maduro non mancano. Involuzione autoritaria del regime a parte, tralasciati gli scandali, l’economia è in recessione del 6 per cento. I due terzi dei prodotti di base sono scomparsi dai negozi. L’inflazione è salita all’85 per cento secondo le stime ufficiali, al 200-205 per cento secondo gli analisti indipendenti. E se il reddito pro capite, che misurato al cambio ufficiale di 6,3 bolívares per dollaro equivale a 1500 dollari al mese, se lo valutiamo invece secondo il cambio al mercato nero scopriamo che i venezuelani stanno sopravvivendo con 12 dollari al mese.

 

 

 

Il Venezuela ha poi iniziato a importare petrolio. In più c’è la delinquenza galoppante, che ha fatto del Venezuela il secondo Paese del mondo per tasso di omicidi pro capite dopo l’Honduras: 82 morti ogni 100.000 abitanti, per un totale di 24.908 assassinati nel corso del solo 2014. Più del doppio rispetto al 2002, quando l’indice era a 38 omicidi ogni 100.000 abitanti.

 

Eppure, nei comizi di chiusura della campagna elettorale il Gran Polo Patriottico ha portato in piazza molte più persone della Mud: un dato che hanno riconosciuto tutti. È vero anche che molti di coloro che erano venuti ad applaudire il presidente Nicolás Maduro erano dipendenti pubblici precettati. “Metà erano statali, e metà di loro voteranno per la Mud”, è stato un commento sarcastico che è circolato sulle reti sociali. La già citata Datanálisis ha però pure fotografato una importante ripresa di popolarità per Maduro nei giorni finali della campagna: dal 23,3 per cento cui era precipitato a novembre, al 32,3: “Il chavismo si è sollevato di nuovo. Il 6 dicembre darà la sorpresa all’imperialismo nord-americano”, ha proclamato infatti presidente nel comizio d chiusura.

 

È una risalita che si spiega in molti modi. C’è da una parte l’utilizzo massiccio della macchina dello Stato per fare propaganda, che ha provocato le proteste di un uomo di sinistra come il segretario dell’Osa Luis Almagro. C’è stato uno scatenarsi clientelare, con Maduro che si è messo a promettere e a regalare di tutto: 30 mila borse di studio per universitari, taxi, veicoli a 20.000 ufficiali dell’esercito, pensioni extra, porchetta per il Natale, oltre un milione di abitazioni, un milione di tablet per studenti. E c’è stata anche la minaccia di “scendere in strada” se l’opposizione vince: locuzione che potrebbe essere intesa anche solo come una promessa al partito a rifarsi più movimentista, ma che in molti leggono come la minaccia neanche troppo velata di un colpo di Stato. L’uccisione di un oppositore durante un comizio da parte di una banda di uomini armati con magliette chaviste è stata un segnale eloquente, anche se Maduro l’ha poi rubricata a “regolamento di conti tra bande mafiose all’interno dell’opposizione”.

 

[**Video_box_2**]Però c’è anche l’importante componente dei cosidetti “ni ni”: un numero sempre più ampio di chavisti delusi da Maduro, e che però sono esitanti a votare l’opposizione, e che arriverebbe addirittura al 35-40 per cento dei venezuelani. I sondaggi segnalano che la popolarità del defunto leader è di almeno 30 punti superiore a quella del suo successore e Maduro ha fatto appello appunto a questi indecisi. “Chiedo al popolo la maggiore fedeltà all’eredità di Hugo Chávez”, ha detto nel comizio di chiusura. Emotività a parte, Maduro dice che se l’opposizione vince salterebbero le “conquiste sociali” della rivoluzione. Quel tipo di campagna “terrorista” che in Argentina è fallita al kirchnerismo contro Macri, ma che in Brasile ha per esempio permesso a Dilma Rousseff di vincere il suo secondo mandato. Anche se poi ha dovuto fare lei quella politica di austerity di cui aveva attribuito l’intenzione ai suoi avversari. 

 

Peraltro, una cosa che poco si ricorda è che in realtà anche le ultime elezioni politiche erano state vinte dall’opposizione. Ma proprio prevedendo questo risultato Chávez aveva manipolato le circoscrizioni, in modo che con il 50,36 per cento dei voti l’opposizione aveva preso 67 seggi, e con il 48,13 i chavisti ne avevano avuti 98. Anche adesso alla Mud non basterebbe una vittoria di misura, ma ci vorrebbero molti punti di distacco per tradurre una maggioranza di voti in una maggioranza di seggi. E sembra quasi impossibile che riesca a strappare la maggioranze qualificata che le servirebbe per imporsi su Maduro, che resta comunque presidente fino al 2019.  “È la campagna di Davide contro Golia”, ha proclamata il segretario della Mud  Jesús Torrealba. Ai chavisti delusi promette: “non vogliamo sostituire un egoismo all’altro, un settarismo all’altro”.

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