Karl Andree, detenuto in Arabia Saudita

Il doppio e ipocrita standard inglese di fronte a due casi di prigionia

Giulio Meotti
Il caso di un ex terrorista che si trova nell’isola di Guantanamo Bay e quello di un anziano cittadino britannico detenuto ingiustamente in Arabia Saudita

Roma. Londra è in agitazione per la sorte di due cittadini inglesi detenuti in due differenti carceri stranieri. Ma la condizione dei due ha generato reazioni completamente diverse fra chi firma appelli e si mobilita: esaltato il primo detenuto, difeso e protetto da tutto l’establishment che conta, la “bella gente” dei giornali, delle ong e dello spettacolo; ignorato il secondo, lasciato marcire in una galera saudita, senza che nessuna star o personalità pubblica si sia mossa per lui. Soltanto che il primo è un ex terrorista che si trova nell’isola di Guantanamo Bay, mentre il secondo è un anziano cittadino britannico detenuto ingiustamente in Arabia Saudita. Il primo è accusato di aver fatto parte di al Qaida. Il secondo ha avuto la sola “colpa” di essere in possesso di vino fatto in casa nel regno dell’islam. E’ la storia di Shaker Aamer e Karl Andree.

 

Per il primo, cittadino britannico di origine saudita, descritto da tutti come un bravo padre di famiglia musulmano, sono appena entrati in sciopero della fame tante celebrities del Regno Unito, come Maxine Peake and Mark Rylance, e hanno firmato lettere aperte al governo inglese per il suo rilascio attori come Ralph Fiennes, registi come Mike Leigh, drammaturghi blasonati come David Hare, musicisti che non invecchiano mai come il leader dei Pink Floyd Roger Waters, la direttrice della sezione inglese di Amnesty International Kate Allen e ben trentadue parlamentari di destra e di sinistra. Jeremy Corbin, neosegretario del Labour, è sempre alle manifestazioni per il rilascio dell’ex terrorista islamico (ma lui frequenta chiunque militi nella umma). Una gigantrografia di Aamer è piazzata davanti a Westminster. E il cantante PJ Harvey ha persino dedicato una canzone a Shaker Aamer, che dà il nome allo stesso brano musicale.

 

[**Video_box_2**]Karl Andree è da un anno in una lurida cella del regno saudita, condannato adesso a trecento frustate per qualche bottiglia di vino fatto in casa. Nessuna star e organizzazione dei diritti umani si è azzardata a denunciare la condizione delle carceri in Arabia Saudita, mentre Irene Khan, segretaria di Amnesty, ebbe a definire Guantanamo “il Gulag del nostro tempo”. Sul sito di Amnesty UK ci sono 943 voci sul caso Aamer, ma nessuna che riguardi Andree. Il caso del pensionato colpevole di aver trasportato un po’ d’alcol è portata avanti in Inghilterra soltanto dai figli, che angosciati si sono rivolti al premier David Cameron: “E’ un cittadino britannico e chiedo che il governo invochi clemenza per fare in modo che venga liberato. Ha scontato la sua pena, trovo che le frustate siano ingiustificate vista la sua età e le sue condizioni di salute”. A fine settembre il leader laburista Jeremy Corbin, assieme ad altri tre parlamentari, aveva compiuto un viaggio a Washington perorando la liberazione di Aamer da Guantanamo. Non si ricorderanno loro viaggi a Riad per chiedere la liberazione del pensionato. Forse c’entra col fatto che Londra ha appena aiutato l’Arabia Saudita a ottenere un posto al Consiglio per i diritti umani dell’Onu?
Niente male comunque come doppio standard per i felloni dell’establishment inglese e della literary London. Espiano la coscienza infelice sulla “war on terror” vestendosi di arancione e chiudono gli occhi sul volto più torbido e brutale dei regimi islamici. Ci bevono su.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.