Il premier inglese David Cameron (foto LaPresse)

Non solo parole. La sfida di Cameron all'islamismo passa per le scuole

Luciano Capone
Nel suo recente discorso contro l’integralismo islamico David Cameron aveva sottolineato la necessità di combattere quell’ambiente culturale che ha diffuso quelle idee illiberali, anti-democratiche e anti-occidentali.

Milano. “Nel contrastare l’estremismo islamista, una parte fondamentale della nostra strategia è di occuparci dei suoi due volti, quello nonviolento e quello violento. Questo significa che dobbiamo anche occuparci di quelle organizzazioni che non difendono la violenza, ma che comunque promuovono altre parti dell’estremismo”. Nel suo recente discorso contro l’integralismo islamico alla Ninestiles School di Birmingham, di cui il Foglio ha pubblicato ampi stralci, il premier britannico David Cameron aveva sottolineato la necessità di combattere quell’ambiente culturale che, all’ombra di un malinteso multiculturalismo, ha negli anni diffuso quelle idee illiberali, anti-democratiche e anti-occidentali di cui si sono alimentati giovani terroristi islamici nati e cresciuti in Gran Bretagna. L’importanza della battaglia politico-culturale lanciata da Cameron acquisisce un significato più rilevante dopo un’inchiesta di Sky News che ha rivelato come in una scuola islamica di Dewsbury, vicino Leeds nell’Inghilterra settentrionale, siano previste sanzioni per gli studenti che frequentano ragazzi non musulmani. La scuola è l’Institute of Islamic Education e si trova all’interno della Markazi Masjid, una delle più grandi moschee del Regno Unito, che è la sede europea della Tablighi Jamaat, un movimento islamista con connotati estremisti. Secondo i documenti raccolti, la scuola, anch’essa ispirata ai principi della Tablighi Jamaat, impone agli studenti adolescenti un codice ispirato alla sharia che, oltre a proibire la socializzazione con altri ragazzi fuori dalla scuola, vieta di parlare con i media, di guardare la televisione, ascoltare la radio e leggere i giornali. Tra i divieti contenuti in un manuale destinato agli studenti e ai genitori ci sono anche quelli di indossare abiti non islamici e di usare spesso lettori musicali e telefonini.

 

Ma ciò che desta più scalpore dell’inchiesta giornalistica è il fatto che la scuola islamica sia stata giudicata “buona” dall’Ofsted, il dipartimento del governo che ispeziona le scuole e ne valuta la qualità. L’Ofsted ha risposto che si tratta di ispezioni di qualche anno fa e che gli standard di valutazione sono cambiati recentemente, includendo una maggiore attenzione sul rispetto dei “valori britannici”. Il nuovo atteggiamento meno lassista sulle scuole islamiche è figlio della scoperta dello scorso anno della cosiddetta “operazione Cavallo di Troia”, il tentativo di diversi gruppi islamici integralisti di prendere il controllo di alcune scuole di Birmingham per educare i giovani all’islam radicale.

 

“Nessuno diventa un terrorista da un punto di partenza preciso – aveva detto nel suo discorso Cameron – Si parte sempre da un processo di radicalizzazione. Quando si guarda nel dettaglio il background di chi è accusato di terrorismo, è chiaro che molti di questi sono stati influenzati da quel che viene definito estremismo non violento”. E proprio di Dewsbury, la città della scuola finita al centro della polemica, era Talha Asmal, il diciassettenne britannico che si è fatto saltare in aria il mese scorso in Iraq in nome dello Stato islamico.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali