Nursultan Nazarbayev, presidente del Kazachstan (foto LaPresse)

Il senso tutto socialdemocratico per i soldi

Andrea Affaticati
Così un'organizzazione europea è stata usata per fare lobby per il Kazachstan. Un giro di denaro notevole che coinvolge, tra gli altri, Romano Prodi e Gerhard Schröder. Tra gli obiettivi dell'Indipendent International Advisory Council anche quello di risolvere le faide interne alla famiglia del presidente kazako Nazarbajev.

Che “pecunia non olet” lo sapeva già Vespasiano. E lo pensavano anche gli elder statesmen, quando l’Indipendent International Advisory Council (Iiac), fondato alla fine del 2009 a Vienna, provò a ingaggiarli: tra gli statisti illustri che ne fanno parte o hanno gravitato per un po’ nella sua orbita ci sono l’ex cancelliere Gerhard Schröder, l’ex capo di stato tedesco Horst Köhler, l’ex ministro degli Interni – sempre tedesco – Otto Schily, l’ex premier Romano Prodi. Come si nota, un gruppo di estrazione prevalentemente socialdemocratica. Come l’ex cancelliere austriaco Alfred Gusenbauer incaricato di reclutarli.

 

A volere questo comitato di consulenti d’alto rango, tutti rigorosamente dell’Europa che conta, è stato Nursultan Nazarbajev, dal 1990 presidente del Kazachstan (“l’amato leader”, come lo chiamano i suoi concittadini). Si sa, il Kazachstan è una miniera di materie prime che valgono bilioni e non c’è politico occidentale che non vorrebbe avere una corsia preferenziale per assicurarsi almeno una fetta del loro sfruttamento. Peccato che da quelle parti la democrazia e il rispetto dei diritti individuali valgano poco, motivo per cui i rapporti troppo stretti con Nazarbajev e il suo clan solitamente non giovano all’immagine di un politico. Per questo, racconta lo Spiegel di questa settimana, nel 2009 Nazarbajew decide di porvi rimedio e lo strumento che deve aiutarlo a ripulirsi l’immagine è diventato appunto l’Iiac. Deve essere, secondo il presidente kazako, il suo lasciapassare nei palazzi delle democrazie europee, e poco importa se permette di accedere solo alla porta di servizio, anzi, per certi aspetti è meglio, perché più discreta. Tra i primi che Gusenbauer riesce a reclutare ci sono Prodi, l’ex capo di stato polacco Aleksander Kwasniewski e l’ex ministro degli Esteri spagnolo Marcelino Oreja.

 

I compensi pattuiti sono di tutto rispetto: secondo quanto scrive lo Spiegel, che ne è venuto a conoscenza con un leak della centrale operativa di Vienna (sembra di essere tornati alla guerra fredda), Gusenbauer avrebbe ricevuto per i suoi servigi 400 mila euro l’anno, Prodi  300 mila. Solo che un circolo illustre di politici non può definissi tale senza includere qualche tedesco. E così Gusenbauer si rivolge a Schröder, che come si sa ha una certa soglia di tolleranza verso le democrazie incompiute. E Schröder lì per lì si mostra interessato, partecipa come special guest anche a due riunioni dell’Iiac, una a Vienna e una ad Astana, in Kazachstan. Poi però subentra un problema di compensi: a Schröder vengono offerti 300 mila euro l’anno, 100 mila in meno del suo collega austriaco Gusenbauer. Il cancelliere tedesco pare risentirsene e poco dopo si sfila dal gruppo. A quel punto Gusenbauer contatta l’ex presidente Horst Köhler e anche lui lì per lì si mostra interessato ed è probabile che se non fosse arrivato un incarico dell’Onu, più prestigioso e di certo meno compromettente, avrebbe accettato anche per ‘soli’ 300 mila euro l’anno.

 

[**Video_box_2**]Da una parte l’Iiac serve a Nazarbajev per rifarsi l’immagine, dall’altra per dare la caccia al genero traditore, Rachat Alijev. Un tempo pupillo del suocero, Alijev cade però in disgrazia quando inizia a mostrare ambizioni presidenziali. Quando ricopriva l'incarico di ambasciatore a Vienna, Nazarbajev gli sguinzagliò contro il fisco fino a chiederne l’estradizione dall’Austria che però rispose picche. Era dunque toccato a un altro membro dell’Iiac, l’ex ministro degli Interni, il socialista Otto Schily a provare a far pressione sui media per ottenere l'estradizione di Alijev. Si puntava in particolare sullo Spiegel, che ai tempi aveva Walter Mayr come corrispondente da Vienna (oggi di stanza a Roma). Mayr però non si era prestato al gioco e anzi aveva raccontato tutto in un articolo del 2013 sullo Spiegel. Non essendo andato a buon fine l’incarico, l’Iiac decise allora di decurtare il compenso di Schily, il quale, risentito, se ne andò anche lui, sbattendo la porta.