Il ministro dell'Economia francese, Emmanuel Macron (foto Lapresse)

Toccare le 35 ore, siete pazzi? Eppure il grande tabù della Francia inizia a subire scossoni

Paola Peduzzi

La breccia di Parigi. Che debbano essere riformate ormai lo dicono anche molti esponenti della gauche, soprattutto il ministro dell’Economia Emmanuel Macron.

 

Milano. “Tocchi le 35 ore e poi muori” è uno dei grandi classici della politica francese, soprattutto quella di sinistra, perché la legge sulle 35 ore, approvata dal governo socialista di Lionel Jospin nel 1998, è uno dei capisaldi – sventolati spesso con orgoglio – del mercato del lavoro della Francia. Ma che le 35 ore debbano essere riformate ormai lo dicono anche molti esponenti della gauche, soprattutto il ministro dell’Economia Emmanuel Macron che, rappresentando tutto quel che di liberale c’è nel progetto economico del governo di Manuel Valls, non ha quasi più timore di finire sotto attacco (tanto accade comunque). Macron dice che la legge deve essere rivista perché lancia segnali sbagliati agli imprenditori soprattutto stranieri sulla voglia di lavorare dei francesi; il premier Valls parla al massimo di “aggiustamenti” anche se tende a ribadire – lo ha fatto anche parlando con il Foglio qualche mese fa – che le 35 ore non si toccano.

 

Una breccia però è stata aperta, e il fatto che ad aprirla sia stata Edf, cioè un colosso industriale che per l’84 per cento è di proprietà dello stato francese, fa pensare che nelle politiche pro business che Parigi ha infine deciso di mettere in atto, dopo anni di tormenti e di stagnazione, ci sia anche un ripensamento delle 35 ore. Lo dimostra anche il fatto che il governo voglia cambiare le ore lavorate in 38 ospedali pubblici, una misura che riguarda circa 75 mila dipendenti e che ha già scatenato la rivolta dei sindacati. Per oggi è previsto uno sciopero degli ospedali di Parigi e a nulla è servito l’incontro martedì tra i dirigenti degli ospedali e i sindacati che dovevano trovare un accordo “sul metodo” dopo lo sciopero che già si è tenuto il 21 maggio scorso.

 

Nel colosso energetico Edf lo scontro è appena cominciato. I dipendenti senior di Edf lavorano 39 ore e mezza a settimana, quattro ore e mezzo in più rispetto al limite legale, e come compenso l’azienda, già dal 1999, aggiunse a 30 mila colletti bianchi 23 giorni di vacanza all’anno, oltre ai 27 giorni normalmente previsti. Ora Edf ha deciso di offrire 10 mila euro di incentivo per passare dai 196 giorni lavorati l’anno a 212, perché, come ha detto il capo della strategia del gruppo, Philippe Torrion, “non siamo più nel 1999”, il mercato è cambiato parecchio, e soprattutto “è una questione di credibilità, non possiamo vivere fuori dal mondo”. Il sindacato interno non è d’accordo, dice che quei 10 mila euro dovrebbero essere almeno 80 mila, perché il nuovo contratto farebbe lavorare i dipendenti tre settimane in più all’anno, e la proposta dell’azienda prevede anche una revisione del privilegio legato alla bolletta che, per buona parte dei dipendenti, è di 16 volte inferiore rispetto a quello che pagano tutti gli altri. Come ha spiegato al Financial Times un economista dell’Ecole des Hautes Etudes Commerciales di Parigi, “molti dei dipendenti non capiscono perché dovrebbero lavorare di più”.

 

[**Video_box_2**]Il quotidiano della City ha dedicato alla questione un dossier per cercare di capire se in effetti le 35 ore hanno indebolito il mercato del lavoro francese (irrigidito di sicuro). I francesi lavorano in media 1.661 ore l’anno, sono penultimi nella classifica dell’Unione europea, secondo i dati Eurostat aggiornati al 2013: soltanto i finlandesi lavorano meno (1.648). Significa che i francesi lavorano 120 ore in meno rispetto agli italiani, 186 ore in meno rispetto ai tedeschi e 239 in meno rispetto agli inglesi (nel settore pubblico si lavora meno che in quello privato). Ma la produttività francese è tra le più alte d’Europa, meglio di quella tedesca, sempre secondo Eurostat, e anche il salario minimo è di 9,61 euro l’ora, tra i più alti del continente, e in costante crescita (dal 2008 a oggi è aumentato del 14 per cento). La rigidità che l’impostazione delle 35 ore ha generato nel sistema causa quei fenomeni che in Italia conosciamo bene, come la difficoltà a licenziare i dipendenti, le cause legali che ne conseguono, i tempi e i costi legati alla mancanza di flessibilità. Per questo se molti economisti sostengono che le 35 ore non sono di per sé il problema – nella sezione francese dell’ultimo report dell’Oecd sul lavoro, piena di raccomandazioni sull’efficienza, le 35 ore non sono mai citate – questa legge resta un simbolo di come e quanto la Francia vuole dare segnali di cambiamento. E si sa di simboli, nelle riforme, ce n’è sempre un gran bisogno.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi