Editoriali

La riforma Cartabia non è da buttare

Redazione

Una dose di garantismo in una legislatura che si è inaugurata con il successo di un movimento apertamente giustizialista come il 5 stelle, è un successo indiscutibile

Con una confortevole maggioranza, alla fine la riforma dell’elezione del Csm e la limitazione dei passaggi tra magistratura giudicante e procure è stata approvata definitivamente. Naturalmente si può auspicare che si faccia meglio, che si compiano altri passi, ma non è vero che “si poteva fare di più” visti i rapporti di forza in Parlamento. In una legislatura che si è inaugurata con il successo di un movimento apertamente giustizialista come il 5 stelle, arrivare a questo risultato, fortemente contestato dalla magistratura associata (che ha persino proclamato uno sciopero per contrastarla), è un successo indiscutibile.
 

I quesiti referendari erano meglio? Difficile dirlo, anche perché il vincolo abrogativo ha costretto i proponenti a uno slalom tra i commi delle leggi esistenti, con esiti difficili da comprendere, e che infatti non sono risultati mobilitanti. La riforma invece è più concreta, non è un male minore e non è inutile come dice Matteo Renzi, è un passo non irrilevante nella direzione giusta. Si può pensare che il meccanismo di elezione del Csm, un complicato maggioritario binominale con quota proporzionale, non sia il massimo, ma sicuramente non può essere peggio di quello vigente finora, che ha permesso e persino stimolato la deriva correntizia della magistratura associata. E’ evidente che sarebbe stata meglio una separazione netta delle carriere, ma limitare a uno solo i passaggi e stabilire che deve essere effettuato nei primi dieci anni di carriera rappresenta un freno significativo e soprattutto evita la tendenza a una sostanziale subordinazione dei giudicanti agli inquirenti. La politica, per vie tortuose quanto si vuole, ha compiuto scelte importanti e soprattutto autonome in un campo in cui era apparsa finora intimidita e subalterna. Non c’è certo da lamentarsi, è giusto in questa occasione ricordare l’antico adagio che ammonisce che spesso il meglio è nemico del bene.

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