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Editoriali

In Italia è il momento del reshoring

Redazione

Costi di produzione contenuti. Ma per la nuova fase mancano i lavoratori

Produrre in Italia conviene, e alla qualità della manifattura il nostro paese torna ad abbinare uno dei minori aumenti dei costi riscontrati a ottobre 2021 su base annua dall’Ocse. Nonostante l’inflazione e il rincaro delle materie prime e dell’energia, l’Italia segna un rialzo dei costi di produzione inferiore al 10 per cento, appena sotto Germania e Francia e, fuori dall’euro, di Regno Unito e Usa. Peccato però che continuino a mancare i lavoratori: le stime diffuse ieri dall’Istat segnalano un tasso di posti vacanti dell’1,8 per cento che sale nell’industria all’1,9. Nei 37 paesi industrializzati dell’Ocse si riduce l’appeal dei paesi cosiddetti cacciavite, o fin qui considerati più convenienti per delocalizzare produzioni. Tra i primi spicca la Turchia, dove nonostante l’inflazione al 20 per cento la Banca centrale, ieri, ha per il terzo mese di seguito ridotto (dal 16 al 15 per cento) i tassi d’interesse, piegandosi alle pressioni populiste del presidente Recep Tayyip Erdogan.

 

Il risultato è una spirale che svaluta la lira turca, aumenta le richieste per stipendi più elevati, produce carenza di materie prime pagate in dollari. Questo ha fin qui causato un aumento dei prezzi alla produzione del 46 per cento. Non si tratta dell’unico caso. La Russia, dove a lungo si sono concentrate le produzioni europee a basso costo soprattutto nell’auto, ha costi in aumento del 25 per cento. La Polonia del 14. E nell’area euro, Grecia e Olanda del 15. Nel secondo caso per il rincaro dei servizi e relativi stipendi. Olanda a parte si tratta di una retromarcia dei paesi periferici, già considerati attrattivi per delocalizzare filiere produttive, retromarcia della quale beneficiano i paesi “core” dell’Europa, Italia compresa. L’aumento dei costi di produzione italiani è ora inferiore anche alla Spagna, per l’innovazione industriale, i benefici delle politiche della Bce e le maggiori scorte energetiche. Come già è accaduto con la Romania, potrebbe essere il momento del reshoring, il ritorno di fabbriche dall’estero. Servono però lavoratori.

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