(foto LaPresse)

La luce in fondo al tunnel è possibile

Redazione

I dati dell’Istat sul 2020 sono pesanti ma offrono spunti di ottimismo

Le “Prospettive per l’economia italiana” pubblicate dall’Istat non si discostano da quelle del governo, della Banca d’Italia e della Commissione europea se non per qualche decimale. L’Istat prevede un pil in calo dell’8,3 per cento nel 2020 e in ripresa del 4,6 nel 2021. Il governo nella nota di aggiornamento al Def, in aprile, stimava meno 8 quest’anno e più 4,7 il prossimo. Bankitalia rispettivamente meno 9,2 e più 4,8. Bruxelles meno 9,5 e più 6,5. La tendenza è chiara, per noi e per il resto del mondo, e sempre che non arrivi una seconda pandemia: caduta e ripresa, più simile quest’ultima a una U che a una V (ma neppure una L, cioè a una lunga stagnazione). Il governo saluta le stime Istat con un certo sollievo in quanto più vicine a quelle del ministero dell’Economia, oltre che le meno negative. Ma a decidere non saranno i decimali, quanto la fiducia in una ripartenza decisa. 

 

 

L’Istat, pur descrivendo “uno shock senza precedenti” e mettendo le mani avanti su “ampi margini di incertezza”, vede segnali di ripresa che il ministro Roberto Gualtieri definisce “una luce in fondo al tunnel”. Per esempio il consumo di energia elettrica, aumentato già nella prima settimana di maggio per via della ripresa delle attività produttive e commerciali. Egualmente il clima di fiducia “presenta specificità” dopo l’ovvio crollo durante il lockdown. L’indicazione più preoccupante riguarda il mercato del lavoro, con un milione e mezzo in più di inattivi: un dato più drammatico dell’aumento della disoccupazione, che certifica il totale fallimento di Quota 100 e del Reddito di cittadinanza, che secondo la propaganda avrebbero dovuto attivare forza lavoro e liberare spazio per i giovani e invece hanno prodotto un esercito di inattivi. Gli altri indicatori, export, import, inflazione e consumi, sono coerenti con una ripresa non immediata, ma pur sempre una ripresa. La cosa da fare, oltre a regolarci per evitare il ritorno dei contagi, è non tagliarle le ali. Per esempio si dovrebbero aumentare gli investimenti, per quest’anno in calo del 12,5 per cento. Certo, gli investimenti vanno incrementati, ma soprattutto devono essere efficienti e produttivi: i 3 miliardi e rotti in Alitalia non sono un buon esempio.

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