(foto LaPresse)

In attesa del rimbalzo

Luca Roberto

Secondo l'Istat quest'anno il pil dell'Italia calerà dell'8 per cento, per poi risalire in parte nel 2021. Ma già da maggio qualche segnale positivo si inizia a intravedere

Nel 2020 il pil italiano si contrarrà dell’8,3 per cento, per poi subire gli effetti del cosiddetto rimbalzo e risalire nell’anno successivo di un più contenuto 4,6 per cento. Sono alcune delle stime che l’Istat ha raccolto nel suo rapporto sulle prospettive economiche del paese per il biennio 2020-2021, che quest’anno sono state accompagnate da un surplus di cautela metodologica, viste le difficoltà di gestire i modelli previsionali in una fase di shock per l’economia mondiale. 

 

 

Se la diffusione del Covid-19 ha prodotto un po' ovunque un crollo nel commercio internazionale (secondo la Commissione europea quest’anno è previsto un calo dell’11 per cento nell’importazione di beni e servizi in tutto il mondo), in grado di travolgere soprattutto i paesi esportatori – in Germania la produzione industriale ad aprile è calata quasi del 18 per cento, peggior dato dal 1991 –, in Italia la crisi è stata acuita da un ciclo economico che secondo l’istituto di statistica alla fine del 2019 “presentava segnali di stagnazione, solo in parte mitigati, a inizio 2020, da alcuni segnali positivi sulla produzione industriale e il commercio estero”. A marzo poi il governo ha imposto, con un lockdown esteso a livello nazionale, la chiusura di interi settori dell’economia: sono rimaste coinvolte almeno il 48 per cento delle imprese, con 7,1 milioni di occupati, che producono oltre il 41 per cento del fatturato complessivo delle aziende, ed esportano il 64 per cento dei beni. Un blocco senza precedenti che ha causato nel primo trimestre di quest’anno un calo del 5,3 per cento del pil.

 

In termini previsionali, la contrazione della ricchezza prodotta entro i confini nazionali nell’intero 2020 sarà influenzata in particolar modo da un crollo della domanda interna (meno 7,2 punti percentuali) e dalla caduta dei consumi delle famiglie (meno 8,7 per cento su base annua). La domanda estera peserà meno sulla contabilità generale (calerà appena dello 0,3 per cento), e l’unica voce in controtendenza rispetto al 2019 saranno gli investimenti delle amministrazioni pubbliche, in crescita dell’1,3 per cento, e in grado di stimolare una dinamica positiva per il terzo e quarto trimestre di quest’anno.

 

Con le riaperture iniziate il 4 maggio lo scenario, comunque, ha cominciato a modificarsi, e si è assistito a una risalita di alcuni indici che gli osservatori considerano simbolici per la ripresa del ciclo produttivo: i consumi di energia nel mese di maggio sono cresciuti, e la fiducia di famiglie e imprese, che è rimasta stabile nella fase più critica, adesso presenta alcune “specificità di rilievo” al rialzo. Anche la voce che guarda agli investimenti privati, che nel primo trimestre sono diminuiti dell’8 per cento per effetto dell’incertezza economica, tornerà a risalire e dovrebbe protrarsi fino al 2021, quando crescerà di circa il 6 per cento su base annua.

 

Come aveva già evidenziato pochi giorni fa con un apposito report, l’Istat ricorda che quest’anno si assisterà a una diminuzione sia nel numero degli occupati che delle ore lavorate, con un calo dei disoccupati e un aumento corrispondente degli inattivi, in particolare nelle fasce anagrafiche più giovani e con contratti temporanei. Entro la fine del prossimo anno, però, molte più persone torneranno a cercare un lavoro. Questo farà crescere il tasso di disoccupazione (circa al 10,2 per cento), ma avremo il pregio di possedere una fotografia del mercato del lavoro più prossima alla realtà e meno direttamente distorta dalla pandemia. 

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