(foto LaPresse)

oltre la protesta

A tu per tu con un trattore. Pazza indagine sui protagonisti degli ultimi mesi

Jacopo Giliberto

Come sono fatti? Da dove vengono? Ed è vero che gli agricoltori possono acquistarli solo con l'aiuto dell'odiata Europa? Qualche domanda (con risposta) sulle macchine agricole. Tra economia, politica e tecnologia

Un Ferrarino usato viene via quasi per niente, 25 mila euro. La Lambo costa di più. Occasionissima da 25 mila per un Ferrari Vega V80 del 2015 da 75 cavalli, pneumatici 300/70R20 quasi nuovi, carrozzeria del solito verde menta Ferrari; invece sul mercato del nuovo è interessante la Ferrari Sky Jump K90, 16 marce avanti e 16 retromarce. E poi la Lambo. Un Lamborghini 1050 Premium del 2002 sul mercato dell’usato costa sui 31 mila, carrozzeria con il colore grigio Lambo, cilindrata 4 mila, 20 marce avanti e 20 in retro, velocità massima 40 all’ora. Sono trattori, non automobili; trattori. Quei trattori che da settimane rovesciano letami assortiti su autostrade francesi, statali polacche, porti italiani e piazze di Bruxelles sono stati comprati (in parte) con i sussidi di quella stessa Pac che viene contestata. Basta con l’import che rovina le nostre produzioni, dicono molti di loro, e poi comprano il trattore straniero di importazione con i sussidi che in qualche caso arrivano al 75% del prezzo di listino, perché fa più figo farsi vedere al volante di un Fendt verde oliva, la mercedes dei trattori, oppure di uno statunitense John Deere gialloverde, la più muscolare fra le macchine agricole. I colori dei trattori sono univoci; dal concessionario si possono scegliere varianti, allestimenti, clima, Gps, tipo di sedile e tutti gli altri dettagli, ma non il colore: se provate a chiedere "lo vorrei rosso come la mia auto" si rischia di essere presi per il bavero e scacciati malamente. Deutz Fahr è sempre verdenero come la maglia della squadra del vecchio Venezia Calcio, New Holland è solamente azzurro intenso da non confondere con il celeste chiaro di Landini (non il sindacalista).

Col trattore in tangenziale


Il movimento dei “forconi” di qualche anno fa aveva individuato in quel simbolo un’imitazione adatta all’immaginario di noi borghesi di città, ma loro, gli agricoltori, i forconi ormai non li usano più da tempo. Il loro strumento di lavoro è il trattore e più in generale la macchina agricola. E l’Italia è uno dei tre maggiori produttori al mondo di trattori e macchine agricole, dopo Usa e Germania. Non è un caso se le due fiere mondiali più importanti sono quella di Hannover e l’Eima che si tiene ogni novembre a Bologna. E’ un oligopolio fra nove grandi marchi internazionali. Gli italiani sono imbattibili soprattutto per i mezzi ad alta specializzazione, come le macchine per vigneti e frutteti. Sono fortissimi gli italiani anche nei macchinari correlati, come erpici, aratri, spargiletame, irroratrici e così via. Meno visibili, gli italiani producono anche la componentistica degli altri produttori mondiali, come i tedeschi nei cui trattori stralusso si nasconde spesso un cuore, un cervello o un vestito prodotto in Italia. L’intera produzione italiana è rappresentata in gran parte dai 330 soci della Federunacoma (Confindustria), da un grosso produttore industriale non aderente all’associazione e da centinaia di piccole imprese semiartigianali e di assemblatori per un valore sui 15 miliardi. Il 70% delle produzioni italiane di macchine agricole va in tutto il mondo, ma soprattutto in Europa (Italia, Germania, Polonia, Spagna e Francia) e negli Usa. Le produzioni statunitensi si caratterizzano per le dimensioni steroidee adatte alle estensioni illimitate delle grandi pianure. Ci seguono in numero di pezzi con produzioni dalla qualità meno esigente e dal valore economico contenuto la Cina e soprattutto l’India, la quale è in crescita veloce con 900mila esemplari l’anno cioè 4 o 5 volte la produzione degli Usa o dell’intera Europa.

Tecnotrattori


La frontiera della meccanizzazione una volta era la mietitrebbia. Oggi il drone vola sulla coltura e riporta nel registro informatico i parametri vegetativi e del terreno in base ai quali il mezzo a guida autonoma conduce la semina, dosa metro per metro il concime, sparge i medicamenti, raccoglie i frutti. Un Gps agricolo ha la precisione di un Gps a uso militare, costa un’enormità, mica come i nostri trespoli da guidatori d’auto che dicono alla rotonda prendete la terza uscita. In azienda servono di più gli informatici che i braccianti. Molti degli incentivi economici all’acquisto sono legati alla connessione web del trattore con il sistema informatico dell'azienda agricola, per la registrazione dettagliata di ore, quantità di prodotto o di semente usata, condizioni meteo e così via. Ma la razza contadina è conservatrice per natura, e usa solamente il 5% delle potenzialità tecnologiche del trattore moderno. Così poi la Finanza sta cominciando ad andare a controllare se il sussidio pubblico percepito per comprare il tecnotrattore corrisponde alla tecnologia usata, ci faccia vedere il registro elettronico, ma succede come al Pos del tassista e anche sul trattore quel giorno il Gps non funzionava e dietro la collina non c’era segnale. Osserva la presidente di FederUnacoma, Mariateresa Maschio (della cremonese Mascar, macchine per fienagione; è figlia del fondatore della Maschio Gaspardo): “La meccanica agricola si è imposta in questi anni come un settore all’avanguardia, indispensabile per affrontare in modo razionale e scientifico le tremende sfide che abbiamo davanti, prima di tutto quelle della sicurezza alimentare e della salvezza dell’ecosistema. Ma l’innovazione tecnologica non è una variabile indipendente, è il risultato di un sistema che ha molte componenti che debbono agire in sinergia. Le nostre industrie realizzano prodotti sempre più evoluti, ma l’innovazione tecnologica si realizza realmente quando l’impegno progettuale si combina con la ricerca universitaria, con il sistema dell’istruzione per formare personale tecnico specializzato, con le strategie politiche e con un’efficace amministrazione delle risorse finanziarie disponibili”.

Graduatoria


Ecco i magnifici grandi. Nell'ordine per quote di mercato sono la statunitense John Deere; la Cnh (ex gruppo Fiat) con i marchi Case, New Holland e Steyr; la giapponese Kubota; l'Agco con Fendt e Ferguson; la Claas; il gruppo italiano Same con i marchi Deutz Fahr e con il marchio storico Lamborghini; l’emiliana Argo con Landini e McCormick. Per i trattori specializzati, in genere più piccoli e altamente tecnologici per frutteti e vigneti, ci sono la padovana Antonio Carraro, la Bcs che affianca anche i marchi Ferrari e Pasquali, la Keestrac con il marchio Goldoni. (La Same pare disinteressata al marchio Lamborghini, sottoposto alle pressioni commerciali dell'altra Lamborghini, quella delle auto, gruppo Audi. Era andata che l’Enzo Ferrari aveva preso in giro il Ferruccio Lamborghini che sapeva fare solo trattori, e allora il Ferruccio ha detto “Ah sì? Mo alora ti faccio vedere io come si fa un’auto”, e poi sulla Miura potevi appoggiare sul filtro dell’aria una sigaretta dritta in equilibrio e potevi sgasare quanto volevi ma la sigaretta non cadeva e stava su dritta che neanche Rocco Siffredi). Le vendite nel 2023 erano abbastanza stanche – rilevava Furio Oldani sulla rivista Macchine Trattori, gruppo editoriale Orsa Maggiore – e fra i grandi marchi crescono bene i tedeschi della Fendt e anche la Valtra ma gli altri fanno più fatica, mentre emergono le produzioni dall’Asia; alcuni Paesi hanno visto crescere l'immatricolato di quasi il 25%, come l’Olanda, ma altri hanno perso più del 30%, come l’Ungheria. “I Paesi trainanti continuano a essere, in ordine per volumi, Germania e Francia pressoché alla pari, seguite dall’Italia che a sua volta precede Polonia e Spagna, anche loro molto vicine”, avverte Oldani.

Soldi soldi soldi


Quanto costa un trattore? Le variabili che formano il prezzo di listino sono tantissime ma in via nasometrica si può dire che al cambio attuale costa un paio di milioni di lire per cavallo vapore. (Le unità di misura dei contadini sono ancora pertiche, cavalli vapore e lire). Ci sono tanti aiuti pubblici all’acquisto e all’uso di un trattore, diversi dei quali possono essere sommati. Molto dipende dalle diverse Regioni. Il primo sussidio è il gasolio agricolo: la leggera diminuzione della penalizzazione fiscale è indispensabile per un mezzo da lavoro in cui pieno può durare una giornata di lavoro. E quando si tratta del John Deere da 750 cavalli che in 9 ore vaporizza 1.500 litri di nafta, il costo del rifornimento è un elemento essenziale. C'era un incentivo alla rottamazione come quello per le auto, poi c’è la variante agricola di Industria 4.0 che si chiama (abusiamo dell'ovvio) Agricoltura 4.0. I fondi comunitari - la Pac in teoria è mirata a ridurre i prezzi finali al consumo - hanno una continuità perché la pianificazione è a medio termine, ma nei Piani di sviluppo rurale l'Europa dà metà dell'aiuto e l'altra metà deve darla la Regione, e non tutte le Regioni hanno soldi in cassa. Il Pnrr inietta ancora soldi ma per avere il finanziamento la Regione deve avere emanato il bando applicativo. Poi, il fondo Innovazione introdotto dal Governo Meloni. Non si contano i provvedimenti regionali per favorire la meccanizzazione. Il fondo Inail per la meccanizzazione, poiché i trattori moderni sono più sicuri (per esempio, il roll bar protegge il conduttore in caso di ribaltamento, come avviene spesso sui fianchi delle colline). Da ricordare la legge Sabatini.

Altri incentivi sono meno evidenti, e sono facilitazioni d’uso. Per esempio, i trattori dovrebbero essere sottoposti alla revisione periodica di legge. La legge risale a tempi remoti ma ci si è dimenticati di scrivere i decreti attuativi, e quindi zero revisione periodica. Alla fine, quanto costa un trattore? Tutti i Paesi europei prevedono aiuti all'acquisto, in genere attorno al 30% sul prezzo di listino, ma fra tutti l'Italia è uno dei Paesi più generosi. Con i ristori virali e gli aiuti post-Covid il sussidio all'acquisto è arrivato al 40, al 50, a volte al 60%. Sono citati con “ooo” di meraviglia quegli incentivi che, sommati fra loro, hanno consentito di tagliare il prezzo fino al 75%. E con uno sconto del genere, che riduce il divario di costo fra marche premium e marche italicum, molti agricoltori hanno preferito rivolgersi ai produttori più ambiti ed esosi di importazione, con i cui trattori andare a protestare contro l’import. Proverbio contadino: il Lamborghini nel campo, l’Audi in garage, la Panda al bar.

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