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Sui balneari, Pd e M5s non sono meglio di Salvini: sono più ipocriti

Luciano Capone

Da giorni, dopo la lettera di Mattarella, le opposizioni attaccano il governo per la riduzione del 4,5 per cento del canone delle concessioni balneari. Ma l'esecutivo non fa che applicare una legge del 1993 modificata nel 2006 dal governo Prodi

In questo governo dei taxi e delle corporazioni Matteo Salvini è il principale difensore degli interessi e dei privilegi di specifiche categorie, come ad esempio i titolari degli stabilimenti balneari, ma proprio per questo non c’è bisogno di ingigantire i suoi demeriti. Negli ultimi giorni partiti di opposizione hanno attaccato il governo, e nello specifico il ministro delle Infrastrutture, per la riduzione del 4,5 per cento del canone annuale delle concessioni balneari. “Sapete come il governo Meloni ha inteso rispondere alle sollecitazioni del Capo dello Stato? – dice Mario Turco, vicepresidente del M5s riferendosi alla recente posizione del presidente Mattarella contro la proroga automatica delle concessioni – Con la decisione, presa dal ministro Matteo ‘Papeete’ Salvini,  di un taglio del 4,5 per cento dei ridicoli canoni demaniali annuali pagati dai concessionari”. Per Antonio Misiani, responsabile economico del Pd, “il taglio dei canoni, che come è noto sono bassi e fuori da ogni parametro di mercato, è semplicemente uno schiaffo in faccia ai cittadini e a tutte le altre categorie produttive”.

 

 

Il punto è, come ha ben ricostruito Pagella politica, che il governo Meloni e Salvini non hanno fatto nulla di nuovo. Hanno semplicemente applicato una legge del 1993, modificata dal governo Prodi con la finanziaria per il 2007, che indica come il ministero delle Infrastrutture (Mit) deve aggiornare i canoni delle concessioni all’inflazione: nello specifico, l’adeguamento è dato dalla media di due indici elaborati dall’Istat, dei prezzi al consumo per le famiglie e dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali. Quest’anno, per effetto del crollo dei prezzi alla produzione dell’industria (-14,1 per cento) dovuti all’andamento del mercato energetico, l’adeguamento risulta negativo (-4,5 per cento). Mentre l’anno scorso, per le ragioni opposte, con lo stesso governo (Meloni) e lo stesso ministro (Salvini), applicando la medesima legge, i canoni furono adeguati con un forte aumento pari al 25 per cento.

Ciò non toglie che in Italia i canoni per le concessioni balneari siano bassissimi, soprattutto in rapporto al giro d’affari del settore (secondo la Corte dei conti, lo stato incassa mediamente circa 100 milioni di euro l’anno). E, soprattutto, che i titolari di stabilimenti balneari riescano ormai da decenni a mantenere le concessioni evitando la messa a gara, contro il diritto europeo e le sentenze dei tribunali nazionali. Ma non è questo a fare la differenza tra Salvini e i suoi oppositori. Perché in questi anni in cui Lega, Pd e M5s hanno governato da soli, accoppiati e tutti insieme, in ogni combinazione possibile, sul tema hanno adottato la medesima linea di difesa dello status quo, ovvero degli interessi dei balneari. Non hanno cambiato la legge sugli adeguamenti dei canoni che ora criticano; non hanno alzato a un livello decente i canoni che ora definiscono irrisori; e soprattutto non hanno attuato la direttiva Bolkestein sulla messa a gara delle concessioni. Il governo Conte I, quello del M5s insieme a Salvini, decise una proroga di 15 anni delle concessioni balneari poi giudicata illegittima. Il governo Conte II, quello del Pd insieme al M5s, stabilì un’altra proroga surrettizia a tempo indefinito bocciata di nuovo dal Consiglio di stato. Ora, tutti insieme, quelli che al governo hanno fatto le stesse cose di Salvin, invocano l’Europa, la concorrenza e Mattarella

Alla fine sul tema il più sincero è stato Antonio Capacchione, presidente del Sindacato italiano balneari (Sib) che ha parlato di una polemica “superficiale e strumentale” sui canoni: “La questione balneare non è sorta adesso, bensì nel 2009 – ha detto il leader della lobby del balneari – da allora si sono succeduti otto governi di ogni schieramento politico; tutti hanno prorogato la durata delle concessioni e nessuno ha messo mano alla riforma dei canoni demaniali. Dunque nessun politico può ergersi a giudice”. Insomma, quelli che sul tema attaccano Salvini non sono tanto meglio di lui, sono solo più ipocriti.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali