Il punto

Su ambulanti e balneari è il caos: tutte le sentenze e le leggi che si contraddicono

Francesco Bercic

La proroga delle concessioni per gli stabilimenti marittimi e per i commercianti crea confusione tra i comuni, invitati dall'Antitrust a disapplicare le norme nazionali in favore della direttiva Bolkestein. Il governo intanto nicchia

Il giorno dopo il richiamo alle Camere da parte di Sergio Mattarella sulla proroga delle concessioni degli ambulanti contenuta nel ddl Concorrenza – con un riferimento esplicito del capo dello stato al precedente monito di febbraio sui balneari – l’unica certezza è che per ora la situazione nei due settori è avvolta nel caos. Da una parte c'è la linea ribadita dal Quirinale, con i riferimenti alle sentenze che si rifanno alla direttiva europea Bolkestein e che prevedono la messa in gara delle concessioni, dall'altra quella tenuta sin qui dal governo, in favore di una proroga che ha creato un contesto fortemente disomogeneo. In mezzo ci sono i comuni che si muovono in ordine sparso, accodandosi ora all’uno ora all’altro provvedimento. È lo stesso presidente della Repubblica, con il riferimento di cui sopra, ad aver acceso un faro sulla cornice confusa, sollecitando “a breve” delle iniziative “indispensabili” per rimettersi in riga con l’Europa. Ma anche per uscire dalla confusione degli ultimi mesi, in cui si sono sovrapposti pareri fra loro contraddittori.

 

 

Per quanto riguarda il commercio ambulante, l’articolo attenzionato dal Quirinale è il numero 11 del ddl Concorrenza, il quale oltre a cristallizzare la situazione esistente fino al 2025 prevede una proroga delle concessioni che può arrivare fino a 12 anni. La norma era già stata bocciata dall’Antitrust, in un parere citato anche da Mattarella, che invitava i comuni a disapplicare le norme interne in favore della direttiva europea. Tant’è che il comune di Roma, assieme a numerosi altri, ha già avviato le procedure per la messa a gara, seguendo la linea del garante. Una vicenda “paradigmatica”, ha scritto sempre Mattarella, che testimonia del disordine in essere: al comune di Roma si contrappongono infatti altri sindaci che hanno scelto di attenersi alle indicazioni dell’esecutivo, senza indire nuove gare.

Più complessa ancora è la questione delle concessioni balneari. In questo caso il contrasto è emerso chiaramente nella lettera d’indirizzo inviata dal governo ai comuni al termine dell’ultimo Consiglio dei ministri dell’anno, il 28 dicembre scorso. Una sorta di raccomandazione, in cui si invita a “differire il termine di scadenza delle concessioni in essere” – e dunque di non procedere alle gare – in attesa di una decisione definitiva da parte del governo. La lettera si rifà al precedente decreto Milleproroghe, con cui le concessioni erano state rinnovate per un altro anno, fino a dicembre del 2024. Proprio il decreto criticato duramente da Mattarella nella lettera analoga a quella di ieri, inviata al governo e al Parlamento lo scorso febbraio.

Ma non è finita qui, anzi. Alla prima lettera di Mattarella era seguita infatti a marzo una nuova bocciatura del Consiglio di stato – che si era già espresso nel 2021 ai tempi del governo Conte – in cui si dichiarava l’illegittimità della proroga al 2024. Dulcis in fundo, il 16 novembre è arrivato il parere motivato della Commissione europea, la quale ha ribadito la violazione del diritto comunitario e concesso all’esecutivo due mesi per rispondere, pena procedura di infrazione (aperta nel 2020). Nel frattempo però, a novembre la Cassazione ha annullato la sentenza del Consiglio di stato, per quanto senza entrare nel merito del contenzioso, facendo esultare i gestori. A questi pareri si potrebbero aggiungere le decisioni dei singoli tribunali, come la recente sentenza del Tar del Lazio (citata da Mattarella) che ha invitato ancora una volta a disapplicare le norme interne.

In tutto questo, la maggior parte dei comuni ha già concordato la proroga delle concessioni balneari per l’anno seguente, sebbene ognuno a suo modo. C’è chi, come la città di Rimini, ha già predisposto le gare per il 2025 e chi invece si limita ad attendere le scelte del governo. Che intanto ha concluso una mappatura del litorale italiano, nel tentativo di eludere la liberalizzazione dei demani assicurando che il restante 67 per cento per cento delle coste risulta allo stato attuale libero, quindi assegnabile in concessione. Un “trucco” con molti limiti, se è vero che all’interno della percentuale sono stati conteggiati anche tratti di costa che, nella realtà, sono difficilmente convertibili in spiagge. In un contesto del genere, il governo dovrà ora rispondere al parere della Commissione europea sui balneari entro il 16 gennaio nonché, “a breve”, ai solleciti del capo dello stato. Fino a quel momento la confusione resterà l’unica certezza. Assieme alla mancanza di una vera iniziativa di concorrenza a opera dell’esecutivo.

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