L'allora principe Carlo, oggi re, prova una birra Butty Bach al Ponthir House Inn, il 9 luglio 2021 a Ponthir, nel Galles (Ben Birchall - Piscina WPA/Getty Images) 

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Paradosso pub: chiudono oltremanica, quadruplicano in Italia

Maurizio Stefanini

Le "Public House" sono le birrerie simbolo della cultura britannica. Le abitudini di consumo portano a vederne sempre di meno nel Regno Unito e in Irlanda, ma nel nostro paese sono un fenomeno commerciale in continua evoluzione

Public House è il termine completo, risalente a fine XVII secolo, e che dalla metà del XIX secolo viene abbreviato in pub. Publican è il nome del tenutario. È quella l’epoca in cui il numero di questi locali cresce al massimo per la diffusione del gin, che è venuto dall’Olanda e che ubriaca più a buon mercato della birra. Proprio nel XVII secolo Samuel Pepys nel suo diario descrive il pub come “il cuore dell'Inghilterra”. Ma alcune insegne risalgono alla fine del XIV secolo, dopo che nel 1393 re Riccardo II d'Inghilterra obbligò i proprietari dei locali ad apporre dei cartelli all'ingresso: per facilitare il lavoro agli ispettori che dovevano giudicare riguardo alla qualità della birra che veniva somministrata; ma serviva anche come indicazione a una popolazione in gran parte analfabeta. 

 

Diversi pub affermano di essere i più antichi del Regno Unito, e tra i 3.500 di Londra diversi esperti attribuiscono il titolo onorifico a The Prospect of Whitby, che risale al 1520. Ma già nel 965 erano tanto numerosi che re Edgar aveva emesso un decreto per cui non poteva essercene più di uno in ogni villaggio. Le facciate generalmente meno decorate sono un tipica distinzione dei pub irlandesi rispetto agli inglesi. Inoltre i pub irlandesi prendono tipicamente il nome del proprietario, e in passato erano spesso anche drogherie. Nei pub irlandesi era anche difficile trovare cibo o musica, ma la spinta del turismo ha favorito una evoluzione.

 

Come l’osteria italiana o il saloon del Far West, sono eredi degli enopolia e thermopolia dell’antica Roma e delle tabernae del medioevo, adattate secondo i contesti locali. In particolare il pub è basato sulla birra e l’osteria sul vino. Ma uguale è il ruolo di luogo di ritrovo e aggregazione popolare anche a base di giochi: caratteristici dei pub sono freccette, birilli e domino, anche se non mancano le carte e il biliardo caratteristici dell’osteria, e ormai dilagano videogiochi e slot machine. Alcuni pub invitano gruppi musicali o cantanti per intrattenere i clienti; alcuni offrono delle stanze per passare la notte, e sono così detti “inn”; quasi tutti servono anche cibi, ma di poche pretese e finalizzati soprattutto a far venire sete e reggere l’alcool. Tipici cotenna di maiale, uova sottaceto, patate fritte, arachidi, snack salati, frutti di mare. 

 

In Italia, poi, da una parte la comparsa di altre attrazioni serali come la TV in casa e il cinema o la balera o la discoteca fuori ha ridotto l’importanza delle osterie come luoghi per passare il tempo. Da una parte si sono dunque piuttosto evolute in bar, con un’offerta soprattutto di caffè e analcolici. Dall’altra in trattorie e ristoranti, con un’offerta soprattutto di cibo. Ma il nome e arredamenti di osteria possono restare, come omaggio alla tradizione e al passato.

 

Il pub, invece, è restato più purista, proprio attaccandosi al maggior senso per la tradizione di un Paese che conserva ancora la monarchia, e istituzioni che risalgono al medioevo. Proprio per questo, però, sta avendo maggiori difficoltà ad adattarsi a cambiamenti sociali che sono comunque arrivati anche nel Regno Unito. Dall’inizio del 2023 dunque 400 pub sono stati demoliti o riconvertiti ad altri usi e secondo la British Beer and Pub Association (Bbpa), dai 60.000 che nel 2000 erano ancora in attività si è passati ai 45.800 nel 2022. A giugno in Inghilterra e Galles ne sono stati contati 39.404. Della cosa si è occupata France Press che ad esempio citato il responsabile statistiche della Bbpa Nick Fish, la cui speranza è che “a un certo punto, il declino si stabilizzi man mano che ci avviciniamo al numero minimo di pub necessari per soddisfare la domanda in ciascuna area”. 

 

Altri sostengono che la colpa sia del divieto di fumo del 2007, della forte concorrenza dei gastro-pub dove è più importante il cibo, della disponibilità di alcolici a buon mercato nei supermercati o del clima economico generale. I cambiamenti demografici possono costituire un fattore aggiuntivo. Nel 2015 il tasso di chiusura dei pub è stato sottoposto al vaglio del Parlamento britannico, con la promessa di una legislazione volta a migliorare i rapporti tra proprietari e inquilini. Il Lost Pubs Project ha elencato 42.519 pub inglesi chiusi il 6 agosto 2023, con fotografie di oltre 29.000. Nei quindici anni fino al 2017 un quarto dei pub di Londra ha chiuso. Le chiusure sono state attribuite a fattori quali il cambiamento dei gusti e l'aumento del costo della birra a causa delle tasse applicate. Alcuni quartieri londinesi dove si è verificato un aumento della popolazione musulmana britannica hanno registrato un numero elevato di chiusure. Nel 2020 una botta ulteriore è stata data dal Covid.

 

Secondo lo storico del pub Paul Richard Jennings, ex professore dell'Università di Bradford, un minimo di pub resterà ma “beviamo meno perché ci sono molti altri modi per spendere tempo libero e denaro”. “Nel XX secolo si sono verificati massicci cambiamenti urbani con la demolizione di periferie degradate e con esse di molti pub. Nel 1869 ce n'erano 118.499 in Inghilterra e Galles. Un secolo dopo, nel 1971, ce n'erano 64.087. Adesso ci sono altri posti dove bere e molte persone vanno al supermercato e bevono a casa, pagando meno che in un pub i cui costi di gestione sono aumentati costantemente”. Altro storico dei pub è Pete Brown, secondo cui “la gente beve meno e ora ci sono più opzioni per il tempo libero. I pub erano al loro apogeo quando le nostre case non erano spazi piacevoli dove trascorrere il tempo. Circa la metà dei pub appartengono a società immobiliari che, se credono di ricavare più soldi da un supermercato o da un condominio, li venderanno”. Però è sicuro che “non scompariranno mai del tutto. Fanno parte dell'identità britannica. Ne avremo meno, ma li ameremo comunque”.

 

Insomma, da ritrovo anche sordido a luogo di interesse culturale e attrazione turistica, tant’è che 36 di essi sono classificati come monumenti dal National Trust, organizzazione per la conservazione del patrimonio. E ci sono aziende come Liquid History Tours che fanno dei pub meta di turismo organizzato. Appunto questa immagine “tipica” ha favorito l’esportazione del modello in tutto il mondo, un po’ come i ristoranti cinesi o giapponesi o italiani. In Italia il pub più antico sorge nel 1964 a Rimini, col nome di Rose & Crown. Il più antico Irish Pub è il The Fiddler’s Elbow di Roma, creato nel 1976 da una irlandese che lavora alla Fao. Dal 1996 in Lombardia, Veneto ed Emilia iniziano ad apparire Brew-pubs, che distribuiscono birra da loro prodotta. Sono diversi dai microbirrifici, che pure fanno birra artigianale, ma per altri. Entrambe le realtà sono comunque in Italia in crescita vorticosa, anche se i numeri sono ancora limitati: da 143 microbirrifici e 99 Brew-pubs nel 2009 a 684 e 157 nel 2019. Il portale dei prodotti tipici italiano classifica poi almeno otto Italian Pubs nella lista dei migliori locali. Ovviamente, ci sono adattamenti. Di rigore quasi dappertutto, ad esempio, la possibilità di accompagnare alla birra una pizza.

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