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L'analisi

Illiad-Vodafone si farà? Probabilmente sì (per una questione di soldi)

Mariarosaria Marchesano

Il settore delle telecomunicazioni in Italia è poco remunerativo, per cui scatta la corsa alle fusioni in un mercato dominato dai colossi asiatici e americani. A confermarlo è uno studio di Mediobanca

L’offerta della francese Illiad per Vodafone Italia è allo stesso tempo una buona e una cattiva notizia. È positivo che il settore della telefonia mobile sia soggetto a pressioni competitive, nel momento in cui quello delle infrastrutture di rete è sempre di più sotto l’attenzione dei governi, ma è anche la spia di una debolezza strutturale dell’Italia nelle tlc. E a metterlo in evidenza è la stessa Vodafone, che, nel commentare la proposta di Illiad, ha detto di essere "favorevole al consolidamento del mercato nei paesi in cui non si riesce a ottenere un adeguato ritorno sul capitale investito". E ha aggiunto di stare "esplorando le opzioni con diverse parti per raggiungere questo obiettivo in Italia, anche attraverso una fusione o una cessione". In definitiva, dice Vodafone, "non c’è alcuna certezza che venga concordata una transazione". Al di là delle parole criptiche, e forse anche di circostanza, quello che è interessante di questa mossa, che valorizza Vodafone Italia circa 11 miliardi ed è arrivata dopo vari abboccamenti tra le due compagnie, è che mette a nudo il fatto che per le tlc italiane (ed europee) il consolidamento nei servizi appare come l’unica strada possibile per preservare la competitività in uno scenario mondiale dominato dai colossi americani e asiatici.

Secondo uno studio di Mediobanca sul settore delle tlc, che analizza gli ultimi cinque anni fino al primo semestre 2023, le condizioni geopolitiche e i timori di recessione frenano gli investimenti, scesi nel complesso del 2,6 per cento con punte del 3,9 per cento nelle Americhe e del 5 per cento in Europa, nonostante la necessità per il vecchio continente di accelerare nello sviluppo del 5 G. Al primo posto tra i colossi mondiali si colloca l’americana Verizon (128 miliardi di ricavi) tallonata dalla cinese China Mobile (127 miliardi), seguono la tedesca Deutsche Telecom (114 miliardi) e l’altra statunitense AT&T (la centralità dei paesi asiatici è confermata dalla presenza di cinque di questi tra i primi 10 operatori). In questo contesto, l’Italia si presenta come l’unico paese in cui i ricavi si contraggono maggiormente nei cinque anni (-13,8 per cento) con la telefonia mobile in maggior affanno (meno 20,4 per cento) rispetto a quella fissa (meno 7,7 per cento). L’analisi di Mediobanca spiega che se nel biennio 2022-2023, nonostante l’inflazione, in Italia le tariffe telefoniche sono rimaste pressoché stabili, pur non mancando tentativi di introduzione di meccanismi di adeguamento al carovita dei canoni mensili, con riferimento soprattutto ai nuovi contratti. Rispetto al 2010 il settore ha bruciato oltre 15 miliardi di ricavi, con la rete mobile in maggior affanno rispetto a quella fissa, mentre in Francia e in Germania è cresciuto. Inoltre, nel primo semestre 2023 i ricavi domestici dei principali operatori italiani sono praticamente al palo (meno 0,1 per cento) con il comparto mobile che ha proseguito nel trend calante (meno 3,9 per cento).

Se questi sono i numeri, si comprende perché Vodafone non nasconda una certa insoddisfazione per i risultati delle sue attività in Italia, paese in cui Tim, con 13,5 miliardi di ricavi, è la ventesima compagnia del mondo superata dall’indiana Bharti Airtel, ma scende alla 22 esima posizione se si escludono le attività connesse alla rete fissa che sta per essere ceduta al fondo statunitense KKr. Proprio considerando i bassi livelli di remunerazione del capitale investito nelle tlc, Mediobanca dice che appare “più che mai necessario sfruttare i significativi benefici offerti dal Recovery Fund che ha destinato all’Italia 50 miliardi al settore delle tlc, rivolti all’informatizzazione del paese, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione e allo sviluppo delle reti ultra broadband, 5G e satellitari”. Alla fine il mercato italiano delle telecomunicazioni è tra i più frammentati e competitivi in Europa ma è anche quello in cui il consolidamento potrebbe accelerare. “La necessità di raggiungere dimensioni di scala per affrontare investimenti infrastrutturali di lungo periodo, unita a una redditività non sempre adeguata, sta effettivamente ridefinendo i contorni del settore”, dice lo studio di Piazzetta Cuccia”. Basti pensare, del resto, al mercato spagnolo e a quello inglese. Nel primo è stata annunciata integrazione tra Orange Spain e Masmovil (il secondo e il quarto operatore mobile), nel secondo Vodafone ha detto di voler cedere le proprie attività nel paese iberico, operazione a cui ha fatto seguito l’annunciata integrazione del business nel Regno Unito con quello di Three Uk. Insomma, gli operatori si muovono nei vari paesi a seconda delle opportunità di aumentare il livello di remunerazione del proprio investimento. Tutto dipende, però, anche dai modelli di business. Non è un caso che a fronte di un gruppo verticale e dinamico come il francese Illiad, che pensa di crescere in Italia, un altro gruppo d’Oltralpe, come Vivendi, molto più grande e articolato in tutto il mondo dei media, mediti di uscirne vendendo la sua quota di controllo in Telecom dopo lo scorporo e la vendita della rete a cui, alla fine, ha opposto un ricorso legale molto poco aggressivo che non dovrebbe intralciare l’operazione.