Antonio Angelucci- Ansa  

Il negoziato

Radio Capital agli Angelucci: le trattative con il gruppo Gedi

 Stefano Cingolani

Gli editori di Repubblica sono a un passo dal vendere l'emittente radiofonica agli editori di Libero e Giornale. E poi? Nuovo risiko

 La Gedi perde un’altra foglia: la trattativa per la vendita di Radio Capital si sta per chiudere e l’emittente radiofonica sta per passare alla famiglia Angelucci che dopo Libero, il Giornale, il Tempo potrebbe riempire il proprio carnet con l’ambizione di creare un gruppo multimediale su un fronte opposto a quello costruito da  Carlo De Benedetti, che ora John Elkann sta pezzo dopo pezzo assottigliando. Non conosciamo i dettagli finanziari, il negoziato si era impantanato nei mesi scorsi sul prezzo e si è partiti da posizioni distanti: gli Angelucci offrivano 12 milioni di euro, la Elemedia controllata dalla Gedi e proprietaria anche di Radio Deejay e m2o, ne chiedeva più del doppio. 


La società ha chiuso il 2022 con ricavi di 57 milioni di euro e un utile netto di 1,6 milioni, ma la maggior parte del fatturato deriva da Radio Deejay che l’anno scorso s’è collocata al quarto posto in classifica con 4,7 milioni di ascoltatori, dopo Rtl 102,5, Rds, Radio Italia, e prima di Radio 105 la portabandiera delle radio Mediaset che comprendono anche Virgin, Montecarlo e Subasio (tutte insieme collocano il gruppo Berlusconi in testa con una quota del 19 per cento). Radio Capital è solo 14esima tra le radio italiane e ha continuato a perdere (-9 per cento). Stando ai valori di libro che comprendono tutti gli asset, Elemedia vale 86 milioni di euro così divisi: 40 Radio Deejay, 30 Capital e 16 m2o. Se il progetto di Gedi è dimagrire, la cessione ha una logica chiara: concentrarsi sul nocciolo duro, cioè la Repubblica, la Stampa e per ora il Secolo XIX che, come si dice ormai da molto tempo, dovrebbe integrarsi con il quotidiano torinese per coprire l’area Piemonte-Liguria dove affondano le radici dei due giornali. Gli Angelucci compiono un salto in una dimensione mediatica che loro non conoscono e non hanno mai sperimentato, ma hanno intenzione di rilanciare l’emittente con una campagna acquisti di firme (o meglio voci) brillanti, aggressive, chiaramente collocate a destra. Così, guardano a Giuseppe Cruciani come punta di lancia da strappare a Radio 24 che ha un milione di ascoltatori in più ed è decima in classifica. Secondo alcuni, la radio è solo la palestra per arrivare alla televisione. Non resta che attendere. 


 Nata nel 1977 come Controradio Comano (comune della città metropolitana di Milano) tre anni dopo cambia nome ispirandosi alla londinese Capital radio. Gira di mano in mano (entra persino la sezione comunista di Sesto San Giovanni) finché nel 1987 non arriva Claudio Cecchetto che aveva fondato Radio Deejay passata poi a Linus. Sono gli anni d’oro delle radio private fiorite con la liberalizzazione del 1981: creatività, giovanilismo, una cascata di note da tutto il mondo, senza sottovalutare il successo di Radio Italia Solomusicaitaliana. I grandi dei media si buttano sul mercato, anche se al vertice ancor oggi resistono due emittenti che fanno capo ai “pionieri” come Rtl di Lorenzo Suraci e Rds di Eduardo Montefusco & figli. Il gruppo Espresso arriva nel 1988 l’anno in cui De Benedetti al culmine della sua espansione cerca di dare l’assalto alla finanza franco-belga con la scalata, poi fallita, alla Société Générale de Belgique. L’Espresso entra prima in Radio Deejay allora sulla cresta dell’onda con Fiorello e poi in Radio Capital. Gli anni 90 son tutti fuochi d’artificio, decolla nelle due emittenti una nuova generazione di cantanti, comici, intrattenitori, mentre i giornalisti di Repubblica e dell’Espresso trovano voce soprattutto in Radio Capital.

Per vent’anni è direttore editoriale Vittorio Zucconi, ma col passare del tempo l’emittente si trasforma in radio nostalgia, il suo pubblico ingrigisce, diventa il riferimento dei post sessantottini, assidui, fedeli, ma stanchi. Tante parole, meno musica, per lo più d’antan. Torna Linus per ringiovanirla, finisce solo per scontentare tutti e la discesa degli ascolti diventa più rapida dal 2008. Nel 2012 c’è Michele Santoro con Servizio Pubblico in esclusiva radiofonica. Dal 2018 al 2020 è il biennio di Massimo Giannini e Concita De Gregorio, poi riecco Linus che tenta “un aggiornamento” (definizione sua) del palinsesto musicale e dell’informazione. Ma fallisce anche questa ripartenza. Gli Angelucci, dunque, stanno per  prendere un’emittente in crisi. Del resto, è successo anche con il Giornale e il Tempo. Il polo mediatico della destra, a cavallo tra Salvini (con Radio Padania ora Radio Libertà) e Meloni, viaggia anche sulle onde radio, per quelle televisive bisogna aspettare la Mediaset europea; un altro ramo potrebbe cadere, Rete 4 per esempio, nonostante le smentite ufficiali.
 

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