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i numeri

Legge di bilancio 2024 in deficit: quanto incide il Superbonus 

Leonzio Rizzo

La misura ha generato un ammontare di debito superiore a circa 100 miliardi. Una situazione che potrebbe fortemente vincolare i margini di manovra della finanza pubblica, soprattutto con le nuove regole del Patto di Stabilità

In questi mesi prima della definizione della manovra si è discusso molto degli effetti sulla finanza pubblica del Superbonus. Questo è sicuramente stato uno strumento mal congegnato che ha generato un eccesso di domanda e soprattutto ha beneficiato ceti medio-alti della società, dando luogo a una spesa molto più elevata del previsto. Il Superbonus ha generato un ammontare di debito superiore a circa 100 miliardi, di cui rimangono da pagare 80 miliardi in tranche da 20 miliardi all’anno fino al 2027. In settembre si è registrato un incremento dei crediti per gli anni che vanno dal 2023 al 2026, pari a circa un punto di pil (circa 20 miliardi). La causa sono state le troppe eccezioni concesse al blocco della cessione del credito e sconto in fattura. Questa situazione, in prospettiva, con le nuove regole del Patto di Stabilità, dove la definizione di un percorso credibile di convergenza del debito ha un ruolo essenziale, potrebbe fortemente vincolare i margini di manovra della finanza pubblica.

Veniamo alla manovra appena varata dal Consiglio dei ministri. Che effetto ha avuto il Superbonus su di essa? Per rispondere a questa domanda è utile fare riferimento al Documento di Economia e Finanza (Def), ponendolo a confronto con la successiva Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef). I due documenti contengono le previsioni delle entrate e delle spese della pubblica amministrazione. In entrambi vi sono sia la previsione a legislazione vigente alla data di rilascio del documento (dato tendenziale), cioè senza tenere conto delle nuove misure che saranno adottate, sia la previsione programmatica, che invece tiene conto delle nuove misure che si prevede di adottare nei mesi successivi al rilascio del documento fino al 31 dicembre. 
 
Nella quantificazione del deficit previsto per il 2024, (rilevante per la definizione del finanziamento della manovra approvata dal Consiglio dei ministri) i crediti da Superbonus non sono contabilizzati. Infatti, Eurostat ha approvato (in via provvisoria) la riclassificazione dei crediti d’imposta proposta dall’Istat, definendo pagabili quelli fino al 2023 e non pagabili quelli dal 2024 in poi. Ciò significa che tutti i crediti d’imposta del 2023, sia quelli a cui era legata la cessione del credito, che quelli da imputare a rate, saranno interamente contabilizzati nel 2023. Inoltre, per il 2024 la classificazione cambia consentendo di imputare anno per anno le rate da pagare per lavori approvati dal 2024 in poi. Ciò implica che nel 2024 l’erario non dovrà di fatto iscrivere tra le minori entrate da contabilizzare nel deficit nessuna detrazione da Superbonus. Infatti, i crediti di coloro che hanno iniziato i lavori prima del 2024 sono contabilizzati tutti come maggiori spese nell’anno di stipula del contratto e coloro che iniziano i lavori nel 2024 avranno diritto alla prima rata di detrazione nel 2025. Ciò, come ribadito nella stessa Nadef, ha determinato nel 2024 un miglioramento del deficit tendenziale Nadef di 0,3 punti percentuali di pil (circa 6 miliardi), visto che il Mef (Ministero di Economia e Finanza) aveva contabilizzato precedentemente i crediti tutti come pagabili. La Nadef stima il deficit tendenziale per il 2024 a 3,6 punti  di pil. Questo, senza il miglioramento di 0,3 punti percentuali  dovuto alla riclassificazione, sarebbe stato pari a 3,9 che, mantenendo il deficit programmatico Nadef così come attualmente previsto al 4,3 per cento, avrebbe permesso di finanziare una manovra in deficit di 8 miliardi, e non di 14 miliardi come ora risulta.

Nonostante le preoccupazioni giustificate del governo per l’impatto del Superbonus sul debito, si è deciso di finanziare una manovra aumentando il deficit programmatico Nadef rispetto al tendenziale Nadef (e quindi il relativo debito) di 0,7 punti, di cui però 0,3 sono dovuti alla riclassificazione contabile dei crediti del superbonus.  A quest’ultima non corrisponde certo una riduzione di debito, che dovrà quindi essere ulteriormente pagato nel momento in cui le rate del credito di imposta saranno portate in compensazione. Rispetto al Def nella Nadef è anche prevista la revisione al rialzo del deficit del 2023 (dal 4,5 al 5,3 per cento), che permette di ottenere un deficit strutturale (che è il deficit calcolato al netto del ciclo e delle misure una tantum) per il 2023 nella Nadef (5,9 per cento) maggiore di quello previsto nel Def (4,9 per cento). Ciò consente di aumentare il deficit strutturale nella Nadef per il 2024 a 4,8 per cento rispetto a quello previsto nel Def (4,1), senza però compromettere la riduzione dello 0,7 annuo del deficit strutturale (si passa infatti dal 5,9 al 4,8 per cento), raccomandata all’Italia per il 2024 dalla Commissione Europea. 

Quindi l’aumento del deficit programmatico Nadef (4,3) rispetto al tendenziale Nadef (3,6) per il 2024 può essere difeso di fronte alla Commissione grazie allo sforamento del deficit previsto per il 2023, motivato in parte con l’incremento dell’ammontare dei crediti da Superbonus. Bisogna tuttavia considerare il fatto che l’aumento di deficit per il 2024 non sembra giustificato da eventi finanziari e macroeconomici eccezionali, di cui si potrebbe tenere conto in sede europea, ma piuttosto dalla necessità di finanziare la riforma degli scaglioni Irpef e la riduzione del cuneo fiscale. Così facendo però non si implementano delle riforme strutturali, visto che i due provvedimenti vengono finanziati con incremento di debito, che sarà necessario anche per gli anni successivi, nel caso in cui si voglia continuare a garantire la stessa riduzione di pressione fiscale ottenuta nel 2024.

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