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facci lei, presidente

Menù Rustichelli. L'Antitrust spazia dalla Bce all'Opec e invita le banche a fare cartello

Luciano Capone e Carlo Stagnaro

Il Garante della Concorrenza e del Mercato critica la politica monetaria della Bce, si fa capo dell’Abi suggerendo una politica di prezzo collusiva sui tassi agli istituti di credito e attacca pure l’Opec. Solo non parla di concorrenza

S’i fosse sceicco non farei cartello, s’i fosse banchiere alzerei li tassi, s’i fosse Lagarde li abbassarei, s’i fosse Rustichelli, come sono e fui, faria interviste commentando l’altrui.

 

Intervistato dal Sole 24 Ore, il presidente dell’Antitrust, Roberto Rustichelli, si è pronunciato su svariati temi, che spaziano dalla politica monetaria al business bancario fino alle strategie degli stati produttori di petrolio. L’unica questione su cui non si è soffermato nell’intervista è proprio quella che dovrebbe istituzionalmente stargli più a cuore: la concorrenza. Il punto di partenza della conversazione con Carmine Fotina è, ovviamente, l’inflazione: sia per il suo impatto sui consumatori (e in generale sulla performance economica del paese), sia perché essa costituisce il presupposto di diversi interventi governativi, come la tassa sugli extraprofitti delle banche.

 

Rustichelli prende le mosse da una dichiarazione forte e rotonda: “Non riscontriamo abusi di mercato, legati a una dominanza, o cartelli, anche se possono esserci singoli casi di chi approfitta del contesto”. Sono parole importanti: in pratica, al momento l’Antitrust non ha evidenza di condotte scorrette. L’aumento dei prezzi non è dovuto ad abusi, ma alla fisiologica trasmissione di incrementi che dipendono, in alcuni casi, da determinanti completamente esogene (per esempio la guerra), in altri dagli effetti di lungo termine della politica monetaria espansiva della Bce. Ed è qui che l’intervista si fa sorprendente. Il Garante si sente infatti in dovere di bacchettare direttamente Christine Lagarde per “i guasti che ha prodotto in questi anni”, perché “si sono lasciati i tassi negativi o a zero” nonostante l’inflazione abbia alzato la testa sin dalla fine del 2021. In tal modo si è lasciata ai governi l’illusione che si potesse “fare debito senza pagarne le conseguenze”: solo a quel punto l’Eurotower si è mossa, ma tardivamente e in modo troppo violento.

 

La ricostruzione, beninteso, è legittima e persino condivisibile. Ma è singolare che venga dal rappresentante di un’Autorità che trova proprio nell’indipendenza la sua ragion d’essere, e che dunque quella stessa indipendenza dovrebbe rinvenirla e rispettarla in altri organismi analoghi come la Bce. Questa contraddizione è tanto più stridente perché poi, richiesto di commentare la tassa sugli extraprofitti delle banche, egli sottolinea che “un presidente di un’autorità antitrust non può commentare, nella tutela della sua indipendenza e delle competenze che la Costituzione dà a governo e Parlamento”. È un’affermazione contraddittoria, perché Rustichelli dice di non poter criticare la politica fiscale del governo e del Parlamento appena dopo aver criticato la politica monetaria della Bce. Ma si tratta anche, in questo caso, di una notazione fattualmente scorretta, visto che la legge 287 del 1990, istitutiva dell’Antitrust, riconosce non solo la facoltà, ma il dovere dell’Autorità di svolgere una azione di advocacy a 360 gradi, anche attraverso lo strumento della segnalazione a governo e Parlamento (a cui Rustichelli ha più volte, giustamente, fatto ricorso).

 

Ancora più singolare è il passo successivo: è vero, dice, che le banche hanno “il pieno diritto di perseguire il core business e di fare marginalità”. Ma hanno altresì “il dovere di contribuire al benessere comune”. In principio tra le due cose non dovrebbe esserci contraddizione, alla luce di quanto Rustichelli aveva premesso, cioè di non disporre di informazioni relative a condotte illecite. Eppure, egli nota che le banche, lucrando sull’incremento dei tassi senza adeguare gli interessi dei correntisti, si mettono addirittura in una condizione “non conforme all’articolo 47 della Costituzione il quale prevede che la Repubblica incoraggi e tuteli il risparmio”. Per fortuna, Rustichelli indica la strada per uscire da questa situazione da Alice nel paese delle meraviglie, in cui il comportamento delle banche è al tempo stesso lecito e illecito: “Se le banche restituissero ai loro depositanti il 40% del tasso (3,75%) che la Bce gli riconosce, quindi l’1,50%, questo si tramuterebbe in uno spread dell’1,10%”, che applicato allo stock dei conti correnti “porta 15 miliardi di nuovi interessi”.

 

Insomma: per schivare un’imposta di dubbia legittimità e dal gettito atteso di un paio di miliardi, il capo dell’Antitrust – manco fosse il capo dell’Abi – invita le banche a colludere per rinunciare a ricavi pari a 15 miliardi, ovvero oltre sette volte tanto. L’idea è quella di fare del 40% “un floor minimo su cui gli istituti di credito potrebbero continuare a farsi concorrenza al rialzo”. È una proposta molto simile a quella del governo sui crediti deteriorati, che prevede un cap al valore nominale dei crediti che può essere rivendicato dagli intermediari che li acquisiscono. E soffre esattamente dello stesso problema: da un lato, isola un singolo aspetto del conto economico ignorando tutto il resto. Per esempio, l’aumento dei tassi fa crescere gli interessi sui mutui a tasso variabile, ma indebolisce il valore patrimoniale degli asset detenuti. Dall’altro, implica un ingresso a gamba tesa sul mercato, che potrebbe reagire con una restrizione dell’offerta, a detrimento dei consumatori. Ma l’aspetto più bizzarro della proposta è che un garante Antitrust, che non vede alcuna violazione della concorrenza da parte delle banche, le invita a concordare una comune politica di prezzo: di fatto a creare un cartello.

 

L’intervista si conclude con alcune considerazioni sui carburanti. “Mi lasci dire una cosa – spiega – trovo vergognoso che esista un cartello tra stati, che si chiama Opec, nei confronti del quale tuttora l’Europa è silente”. L’Opec è stato fondato nel 1960 proprio con l’obiettivo di coordinare i paesi produttori per sostenere i prezzi. Ha avuto alterni successi, specialmente nei periodi – come quello attuale – in cui il mercato globale è teso, con una domanda ai massimi storici e un’offerta claudicante. Il Garante può farci poco. La sua denuncia dell’esistenza di un cartello di produttori petroliferi è destinata a essere una vox clamantis in deserto. Dove ha invece voce in capitolo è nel mercato nazionale. Rustichelli ricorda che, negli scorsi mesi, l’Autorità ha condotto un’indagine conoscitiva, dalla quale non è emersa alcuna anomalia. Ma aggiunge: “Forse qualche approfondimento si potrebbe fare sulla marginalità delle raffinerie, sull’andamento dei prezzi in autostrada e sulle royalty pagate dalle compagnie a regioni e stato per l’estrazione del petrolio”. Viene da dire: facci lei, presidente.