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il decreto asset

Gli azzardi sulle tariffe aeree di Urso alla prova di Bruxelles

Maria Carla Sicilia

Le compagnie chiedono all'Unione europea di intervenire contro il decreto sul caro voli. Il Mimit difende le misure: "Sono contro la speculazione", ma apre a dei miglioramenti. "Il dialogo con il ministero è in corso", confermano dalla Commissione europea. Il nodo concorrenza

Contro la norma che fissa un tetto ai prezzi di alcune tratte aeree, le compagnie hanno deciso di chiedere aiuto alla Commissione europea. D’altra parte, già all’indomani dell’approvazione del decreto Asset, Bruxelles aveva fatto sapere di aver chiesto chiarimenti alle autorità italiane per avere più dettagli sul contenuto preciso della misura. Ora le principali aziende europee del settore rappresentate da Airlines for Europe sollevano nuovi rilievi. “Siamo fortemente preoccupati che se questa legge venisse adottata, potrebbe costituire un precedente e portare a un effetto domino, con la conseguente adozione di regolamenti simili in altri stati membri dell’Unione europea”, ha scritto l’amministratore delegato Ourania Georgoutsakou, secondo quanto ha riportato il Financial Times che ha dato notizia della lettera. Dell’organizzazione fa parte Ryanair, che aveva già espresso dure critiche, e tra gli altri anche Lufthansa, easyJet, Air France-KLM e Volotea, mentre tra i membri non figura Ita. Fonti del ministero delle Imprese, che sta seguendo il dossier, hanno ribadito che le misure introdotte sono “pienamente in linea con le direttive europee in materia di tutela dei consumatori dinanzi a fenomeni speculativi”. Ma i nodi restano le direttive su concorrenza e tariffe.

Limitare l’uso dell’algoritmo e le tariffe sulle rotte verso Sicilia e Sardegna, che secondo il decreto non possono superare del 200 per cento i prezzi medi quando ci sono picchi di domanda, “violerebbe” i diritti delle compagnie aeree “di competere ove possibile, fissare i prezzi e definire i servizi come meglio credono”, scrive Airlines for Europe nella lettera. Ed è su questo punto che la misura  introdotta dal ministro Adolfo Urso in questa estate di guerra all’inflazione (e alla speculazione) rischia di rivelarsi in contrasto con la normativa europea.

Secondo le regole di mercato di Bruxelles in materia di trasporto aereo, i vettori possono fissare liberamente le tariffe per passeggeri e merci e accedere a tutte le rotte all’interno dell’Ue senza che siano necessari permessi o autorizzazioni. Le uniche eccezioni riguardano alcune rotte particolari, come appunto è il caso delle isole italiane, per cui gli stati possono imporre oneri di servizio pubblico sulla base di determinate condizioni e per un periodo limitato. Si tratta tuttavia di selezionare un target specifico, come residenti, studenti o pensionati, perché per la Commissione l’ipotesi di una tariffa agevolata aperta a tutti non è accettabile. Di precedenti che lo dimostrano ce n’è più di uno, ma l’obiezione di Bruxelles, superata poi da modifiche e limature, è spesso la stessa: quando nei bandi sono previsti troppi posti a tariffa agevolata, la continuità territoriale finisce per configurarsi come aiuto di stato. E se una pratica  distorce la concorrenza o rappresenta un’evidente minaccia in tal senso, si legge ancora nei regolamenti europei, la Commissione ha il potere di avviare indagini e adottare decisioni in merito a misure di riparazione. Ergo: si rischiano procedure di infrazione.

Ipotesi che potrebbe valere anche nel caso del decreto in questione. Il fatto che il ministro Urso abbia aperto a un “miglioramento” del testo quando il Parlamento convertirà il decreto è un  segnale che non c’è alcuna intenzione di andare allo scontro. Ma la sensazione è che le modifiche dipenderanno in buona parte dai rilievi di Bruxelles, con cui “il dialogo è attualmente in corso”, conferma al Foglio una portavoce della Commissione. Se Urso riuscirà a dimostrare che si tratta di un intervento per correggere pratiche commerciali discutibili e speculative potrà probabilmente salvare parte delle misure. Ma se così fosse non è chiaro perché l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) non abbia aperto un’istruttoria sul caso.

  • Maria Carla Sicilia
  • Nata a Cosenza nel 1988, vive a Roma da più di dieci anni. Ogni anno pensa che andrà via dalla città delle buche e del Colosseo, ma finora ha sempre trovato buoni motivi per restare. Uno di questi è il Foglio, dove ha iniziato a lavorare nel 2017. Oggi si occupa del coordinamento del Foglio.it.