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editoriali

Il Censis dà in numeri sull'industria alimentare

Redazione

Nonostante quanto scriva l'istituto di ricerca la “filiera del food italiano” non ha "un valore pari al 31,8 per cento del pil". Confondere fatturato e pil, come già faceva con il Superbonus, è perseverare nell’errore

Ha avuto molto risalto mediatico – anche perché presentato a Montecitorio insieme ai ministri dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e del Made in Italy Adolfo Urso, un rapporto di Federalimentare-Censis sul “Valore economico e sociale dell’industria alimentare italiana”. Ciò che ha colpito di più sono i numeri sul valore della “filiera del food italiano” (agricoltura, industria, distribuzione, ristorazione e altri settori interdipendenti) che “ha un fatturato annuo di 607 miliardi di euro, 1,3 milioni di imprese e 3,6 milioni di addetti”. In pratica, secondo il Censis, “il fatturato della filiera del food italiano ha un valore pari al 31,8 per cento del valore del pil”. Ma se 3,6 milioni di addetti producono circa un terzo del pil, vuol dire che gli altri circa 20 milioni di occupati che ci sono in Italia producono appena i due terzi del pil. E’ un dato sorprendente, che ha dell’incredibile. E infatti non è vero.

 

Perché il Censis, come fa anche la  Coldiretti, usa i dati per il fatturato che non hanno nulla a che vedere con il pil che misura il valore aggiunto. La mela venduta dall’agricoltore al grossista, dal grossista negozio al dettaglio e dal negozio al consumatore, nel fatturato viene contata tre volte. Mentre nel pil il valore aggiunto della mela entra una sola volta come differenza tra prezzo di vendita e costi intermedi. Si tratta di grandezze molto diverse. Non a caso, per l’Istat il valore aggiunto della filiera agroalimentare è infatti 4-5 volte inferiore al fatturato.

 

Rapportare quindi il fatturato al pil non ha alcun senso, perché è come – tanto per stare in tema – paragonare le pere con le mele. E’ un errore marchiano, che però torna utile se si vuole mostrare un peso superiore alla realtà di un settore nell’economia. E in questo errore il Censis è recidivo. Perché prima dello studio commissionato da Federalimentare, ne ha prodotto un altro commissionato da Ance e altri operatori dell’edilizia che – usando scorrettamente il dato del fatturato – mostrava un impatto abnorme del Superbonus sul gettito fiscale. Errare humanum est, perseverare Censis.

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