ultima chiamata

Le offerte di Kkr e di Cdp-Macquarie per Tim non convincono Vivendi. Ma il tempo stringe

Mariarosaria Marchesano

Il socio francese considera le proposte, entrambe intorno ai 20 miliardi, lontane da quanto desiderato: 31 miliardi. Il cda guidato da Labriola dovrà decidere quale delle due portare avanti entro il 4 maggio. Il governo Meloni per ora resta alla finestra

Le offerte di Kkr e di Cdp-Macquarie per Tim nonostante gli ultimi rilanci che le hanno portate, rispettivamente, a 21 e 19,3 miliardi, restano lontane dai livelli desiderati dal socio francese Vivendi (31 miliardi). Ma non è per questa ragione che il titolo del gestore telefonico è crollato in Borsa (-8,2 per cento). Ritocchi e rilanci fanno parte del gioco delle parti in questi casi.

 

L’impressione è che essendo chiamato il cda a decidere quale delle due proposte portare avanti non più tardi del 4 maggio, questa rappresenti in realtà l’ultima chiamata per Tim prima che debba chiedere ai suoi azionisti il sacrificio di un aumento di capitale. Benchè la società smentisca questa eventualità confermando l’intenzione di andare avanti con la vendita degli immobili per abbattere un indebitamento di 27 miliardi di euro il cui costo sta aumentando in proporzione agli aumenti dei tassi di interesse, esiste il timore che il fabbisogno di equity non si possa più rinviare.

 

In questa fase il governo Meloni ha deciso di stare alla finestra perché se da un lato è coinvolto direttamente nell’offerta Cdp-Macquarie, dall’altro è stato rassicurato da Krr sulla possibilità di avere un ruolo “visibile” all’interno del nuovo assetto per il controllo della infrastruttura di rete (da notare che il Mef non parla più di “rete unica” ma di “rete nazionale”). Dunque è il consiglio di amministrazione guidato da Pietro Labriola che deve prendere una decisione in tempo utile e assumendosene la piena responsabilità. Anche perché l’ipotesi circolata sulla stampa di una possibile opa da parte di Vivendi con scissione e delisting della compagnia – pur con l’appoggio di alcuni fondi d’investimento – non sembra trovare credito sul mercato per l’onerosità che questa operazione comporterebbe considerato proprio l’alto livello di indebitamento che l’acquirente dovrebbe accollarsi. Quindi, a meno che Vivendi non tiri fuori dal cappello un’alternativa fattibile, al prossimo cda di Tim non resterà che scegliere tra le due attuali offerte che, certo, possono sempre essere ulteriormente migliorate.

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