Foto di Maxim Shipenkov, via Ansa 

misure funzionanti

L'embargo Ue funziona: giù l'export della Russia

Federico Bosco

Le esportazioni dei prodotti petroliferi sono calate del 21 per cento sull'anno; le entrate sono ai minimi da maggio 2022. Adesso per il governo russo la sfida è con le proprie compagnie

L’embargo dell’Unione europea sui prodotti petroliferi russi è in vigore da appena un mese, ma ha assestato un colpo all’export di Mosca. Secondo le analisi di S&P Global a febbraio le esportazioni di prodotti sono calate del 21 per cento su base annua e del 24 per cento rispetto alla media pre-bellica, con entrate ai minimi da maggio 2022 poiché i nuovi acquirenti in Africa non assorbono l’offerta che fino a gennaio aveva come mercato di sbocco i paesi europei. 

 

L’impatto maggiore ha riguardato le esportazioni di diesel e olio combustibile, prodotti che rappresentavano un’importante fonte di entrate per il Cremlino, ma che adesso vengono vendute in quantità minori e con forti sconti. I dati fiscali lo confermano: dopo il crollo di gennaio, anche a febbraio le entrate sono crollate del 46 per cento rispetto a febbraio 2022.

 

Adesso per il governo russo la sfida è con le proprie compagnie petrolifere, che da quest’anno dovranno pagare le tasse non sul prezzo dell’Ural come hanno fatto finora, ma sul quello più alto del Brent con uno sconto stabilito dal Cremlino. Un modo per costringere gli esportatori russi a ridurre lo sconto che offrono a Cina e India, pena una maggiore pressione fiscale. Mosca infatti deve riequilibrare le entrate dopo aver pianificato un budget con l’Ural a 70 dollari al barile ma che ormai viene venduto a meno di 50 dollari, mentre le compagnie russe eludono il fisco gonfiando le spese di trasporto e assicurazione accumulando fondi all’estero.

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