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A scoppio ritardato

Italia e Germania provano a bloccare il regolamento sulle auto, ma la partita è un'altra

Carlo Stagnaro

I due ministri dell'Ambiente, il tedesco Wissing e Pichetto Fratin, hanno paventato un voto contrario. Ma sarà difficile che il Consiglio europeo si prenda la responsabilità di affossare il pacchetto per intero

Il bando del motore endotermico sembrava cosa fatta quando, improvvisamente, i giochi si sono riaperti. Il ministro dei Trasporti tedesco, il liberale Volker Wissing, e a ruota il ministro italiano dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, hanno detto che potrebbero votare contro il nuovo regolamento. Tenendo conto dell’opposizione già dichiarata dalla Polonia e dell’astensione della Bulgaria, potrebbero venire meno i numeri in Consiglio. L’equilibrio è talmente precario che la presidenza svedese ha rinviato a venerdì la discussione. 

 

La questione va letta su piani diversi. Uno è quello della sostanza. L’accordo sui limiti di emissione al trasporto leggero è stato sofferto, perché ha visto contrapporsi non solo gli interessi materiali delle tante imprese coinvolte, ma anche differenti prospettive su come debba essere disegnata la transizione ecologica. In ballo c’è il principio della neutralità tecnologica e il suo significato. Da un lato si dice: la politica ambientale dovrebbe fissare obiettivi e standard emissivi, lasciando che sia poi il mercato a “scoprire” il miglior portafoglio di soluzioni. 

 

Dall’altro lato si obietta che, nei fatti, la battaglia tecnologica è ormai vinta dal motore elettrico e ogni tentennamento è tempo perso se non addirittura tattica dilatoria. 

 

Tecnicamente anche il nuovo regolamento si limita a fissare uno standard. Il problema è il modo in cui lo fa. Come spiega Antonio Sileo su lavoce.info, “il calcolo attualmente previsto delle sole emissioni allo scarico taglia fuori tutti i carburanti climaticamente neutrali, dunque compatibili con l’Accordo di Parigi e con l’obiettivo di emissioni nette zero al 2050”. Ecco allora la ragione dell’impuntatura tedesca: Wissing chiede alla Commissione di “presentare una proposta per consentire che le autovetture e i veicoli commerciali leggeri con motore a combustione possano essere immatricolati dopo il 2035, a condizione che siano alimentati esclusivamente con e-fuel”. Insomma: non mettiamo barriere alle tecnologie, a parità di prestazione ambientale.

 

Chi vorrebbe chiudere la partita sul testo del regolamento usa tre argomenti. Primo: Germania e Italia sono fuori tempo massimo. Il regolamento arriva a valle di un lungo processo negoziale, suggellato da un voto a larga maggioranza del Parlamento Ue. Secondo: l’elettrificazione della mobilità ha tali e tanti vantaggi, non solo in termini di impatto climatico ma anche sull’inquinamento locale e sui costi di manutenzione dei mezzi, che ogni resistenza è futile. Terzo: la capacità produttiva di biocarburanti ed e-fuel non sarà mai sufficiente a soddisfare la domanda del parco circolante leggero, quindi meglio riservarli al trasporto pesante (tesi sostenuta anche in un rapporto dell’anno scorso del ministero delle Infrastrutture).

 

Il problema è che tali osservazioni poggiano su uno sguardo di breve termine: ciò che è forse vero oggi o nel 2035, non necessariamente lo sarà nel futuro. Quindi imporre la via dell’elettrico – che pure ha tutte le carte in regola per imporsi – rischia non solo di precludere sentieri tecnologicamente proficui, ma anche di far venire meno ogni incentivo a investire in quel tipo di innovazioni, dal miglioramento delle prestazioni dei motori ai carburanti sintetici. Quindi la forzatura su quella che appare la tecnologia vincente potrebbe rivelarsi, se tutto va bene, non necessaria; se invece le previsioni sono sbagliate, dannosa per l’economia e per l’ambiente.

 

Al tempo stesso, è difficile che il Consiglio si prenda la responsabilità di affossare l’intero pacchetto. Questo ci sposta sul piano formale: essendo ormai l’iter prossimo alla conclusione, è possibile che un eventuale stop ne pregiudichi definitivamente l’approvazione. Questo sarebbe un esito inaccettabile per Ursula von der Leyen, che vedrebbe affondare uno dei provvedimenti bandiera della sua presidenza. Intestarsi tale risultato può non dispiacere ai conservatori Giorgia Meloni e Mateusz Morawiecki, ma certo non è ammissibile per il socialista Olaf Scholz.

 

E allora dove si vuole andare a sbattere? Probabilmente, l’obiettivo reale di Berlino non è sbarrare la strada al regolamento, ma ottenere una deroga permanente per i carburanti sostenibili nella mobilità leggera e maggiori garanzie su tempi e modi della decarbonizzazione dei trasporti pesanti (oggetto di una proposta separata). In questo caso, la vittima della manovra italo-tedesca non sarebbe von der Leyen, a cui interessa principalmente chiudere il dossier, ma il suo vice Frans Timmermans, considerato il capo dei falchi verdi a Bruxelles. La partita non è solo industriale: è anche e forse soprattutto politica e ideologica. In un certo modo, è l’avvio della campagna elettorale per le elezioni del 2024 e riguarda, oltre al futuro delle nostre automobili, la piega che prenderà la politica ambientale europea.

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