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l'analisi

Gli errori da non fare nella vendita di Ita a Lufthansa

Andrea Giuricin

Riparte l'iter di privatizzazione: è l'occasione per dare un futuro industriale alla compagnia aerea sviluppando l'hub intercontinentale di Fiumicino. Ma a fare la differenza saranno i dettagli dell'operazione. Consigli al governo Meloni

La privatizzazione di Ita Airways ricomincia dopo la pubblicazione del decreto da parte del governo il 2 di gennaio. Il tempo scorre e la necessità di trovare una soluzione diventa di giorno in giorno più urgente perché i soldi immessi negli ultimi 15 mesi dal contribuente, oltre un miliardo e cento milioni, verranno consumati in fretta.

Il governo Draghi non è riuscito a concludere la vendita e il governo Meloni ha deciso di cambiare il processo iniziato dal predecessore. Questo significa che di fatto la privatizzazione va avanti, ma che le condizioni sono differenti. Un punto chiaro a entrambi i governi è quello che la compagnia da sola non potrà fare molta strada in un mercato aereo così complesso che non è ancora tornato ai livelli del 2019 (i dati di Assaeroporti evidenziano che nei primi 11 mesi del 2022 il mercato italiano è a -18 per cento di passeggeri rispetto al 2019) e dove i costi sono aumentati (anche a causa della guerra in Ucraina). La necessità di trovare un partner industriale è dunque elevatissima per evitare che la compagnia continui a perdere soldi. C’è da sottolineare che Ita ha ormai una quota di mercato relativamente piccola, soprattutto a livello internazionale: nel 2021, insieme ad Alitalia (che le ha passato il testimone a ottobre), ha trasportato il 3,8 per cento dei passeggeri da e per l’Italia. 

Questo inverno, dunque, non sarà una stagione facile per la compagnia, anche a causa del rallentamento economico e dell’aumento dei costi che ha registrato il settore aereo. Proprio per questo motivo il governo dovrebbe anche concentrarsi su altre misure importanti, quali ad esempio la diminuzione delle addizionali comunali (che invece alcuni comuni stanno aumentando).

Ora il governo vuole vendere una quota di minoranza dell’azienda, almeno in un primo tempo, per poi cedere il resto della compagnia nei prossimi mesi. In posizione di forza sembra esserci Lufthansa, anche perché il gruppo tedesco nel corso degli anni ha acquisito diversi vettori in Europa e mantenuto gli hub nei diversi paesi: è stato così per Swiss e Zurigo o per Austrian Airlines e Vienna.

Lufthansa potrebbe dunque integrare Ita nel proprio network per poi sviluppare l’hub intercontinentale di Fiumicino con voli anche verso il Nord e Sud America. Il gruppo tedesco ha interesse in queste attività, perché rispetto agli altri due grandi gruppi, Iag e AirFrance – Klm è più debole verso il Sud America.
L’integrazione dentro un grande player di mercato potrà fare assumere a Ita quella forza che ora non ha (e che non ha avuto negli ultimi venti anni) e al tempo stesso permetterà risparmi che ora non si possono ottenere (ad esempio sull’hedging del carburante).

In questo processo di privatizzazione, tuttavia, saranno i dettagli che ci faranno comprendere se l’operazione potrà ben riuscire o se invece ci troveremo ancora una volta con altri soldi del contribuente sprecati. In primo luogo, è bene sottolineare che lo stato dovrebbe comportarsi più da “socio silente” e lasciare al nuovo partner industriale la gestione della compagnia aerea in modo da integrarla al meglio nel proprio network.

Questo potrà succedere anche se il socio privato prenderà una quota inferiore al 50 per cento, purché sia europeo (nel caso di Etihad questo non poteva accadere). Un esempio interessante è il caso di Iryo, la nuova società di treni Av in Spagna dove Trenitalia, il partner industriale, controlla il 45 per cento delle azioni, ma sceglie amministratore delegato e chief financial officer (cfo) della compagnia stessa.

Se lo stato vorrà intervenire direttamente nella gestione dell’azienda, molto probabilmente, ci ritroveremo di fronte ai soliti errori che si sono commessi in passato in Alitalia. I soci privati non hanno interesse ad avere un socio forte statale che vuole anche decidere la strategia o l’operatività dell’azienda stessa. Le scelte del nuovo governo riapriranno la partita, che dovrà essere conclusa velocemente e bene se vogliamo che nei prossimi anni non si ripresenti per i contribuenti italiani il ricorrente “problema Alitalia”.

 

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