Editoriali
Il sud nel rapporto Svimez: miliardi in arrivo e difficoltà a spenderli
Un 2023 di recessione al Mezzogiorno, stessa dinamica si prevede per il 2024. Per i prossimi anni, tra Pnrr e fondi europei di coesione, sono destinate al sud risorse senza precedenti: 250 miliardi di euro
Il rapporto Svimez è, come ogni anno, un’importante occasione per analizzare l’economia del Mezzogiorno. Il trend è sempre lo stesso, con il nord che fa meglio del sud quando le cose vanno bene e il sud che fa peggio del nord quando le cose vanno male. Non ha fatto eccezione il biennio post Covid con la ripresa che ha interessato tutto il paese, ma in maniera più intensa il settentrione rispetto al meridione. Che a sua volta, dopo lo choc energetico, secondo le stime dello Svimez vedrà un 2023 di recessione (-0,4 per cento) rispetto a un dato positivo dell’Italia (+0,5) trainato dal centro-nord (+0,8). Stessa dinamica si prevede per il 2024, quando il Mezzogiorno crescerà a un tasso che è la metà di quello nazionale.
In questo contesto, l’analisi dello Svimez si caratterizza sempre per l’ottica risarcitoria: il nord deve restituire, il sud deve avere: anche in una fase di grandi investimenti pubblici, con il Pnrr destinato per il 40 per cento al sud, si dice che non è abbastanza. Perché in passato i fondi europei destinati al sud, sebbene gestiti male, erano comunque pochi. Il presidente della Svimez Adriano Giannola si è anche lanciato in una ricostruzione un po’ complottista dell’investimento da 4,5 miliardi sui microchip di Intel: “Ho saputo che Intel aveva deciso di investire a Catania, aveva senso. Abbiamo scoperto che si sono precipitati negli Stati Uniti, non so chi, per cambiare destinazione e ora si farà in Veneto, dove non c’è disoccupazione. Questa non è strategia, è autonomia suicida”.
Questo modo di ragionare, complottista e rivendicazionista, è forse uno dei problemi del sud. Per i prossimi anni, tra Pnrr e fondi europei di coesione, sono destinate al sud risorse senza precedenti: 250 miliardi. Ci si può lamentare sempre che è troppo poco, ma l’ossessione della classe dirigente meridionale dovrebbe essere quella di riuscire a spendere tutte queste risorse, affiancando un percorso di riforme incisivo, in modo da alzare la produttività e mettere in moto una crescita autonoma. Persa questa occasione storica, le lamentele saranno sempre meno credibili.
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