Foto LaPresse

editoriali

Il mistero delle coperture della legge di Bilancio

Redazione

Nel Documento programmatico di bilancio ci sono 16 miliardi di tagli e tasse sotto la voce “altro”, quasi un punto di pil che non si sa come sarà finanziato. Serve trasparenza

Pronti? Mica tanto. La legge di Bilancio di quest’anno è più complicata del solito per motivi che non dipendono dal governo. Il primo problema è la crisi energetica, che si sta trasformando in recessione, riducendo molto lo spazio fiscale che servirebbe ad affrontare l’emergenza. Il secondo sono i tempi, eccessivamente ristretti a causa della elezioni anticipate in autunno, con la certezza che il Parlamento non abbia un tempo adeguato per esaminarla ma anche con il rischio concreto che il paese finisca in esercizio provvisorio per l’incomprimibilità dei tempi tecnici per la doppia approvazione alla Camera e al Senato. Su questo, dicevamo, il governo Meloni non ha responsabilità. Si tratta di una situazione data. A questi problemi, però, si aggiunge la poca  trasparenza della manovra. Come ha infatti denunciato l’on. Luigi Marattin, se sono chiari i provvedimenti di maggiore spesa o minori tasse esposti dalla premier e dal ministro dell’Economia Giorgetti, c’è molta nebbia sulle coperture (a parte i 21 miliardi di deficit aggiuntivo per le misure contro il caro energia). Nel Documento programmatico di bilancio (Dpb), infatti, non c’è alcun dettaglio.

Solo 9,8 miliardi di minori uscite (taglio della spesa) sotto la voce “altro”, e 6,3 miliardi di maggiori entrate (aumento delle tasse) sempre sotto la voce “altro”. Si tratta di oltre 16 miliardi di coperture, quasi un punto di pil, che restano ignote. Si spera che non lo siano per il governo. Le ragioni di questo alone di mistero possono essere due: la prima è un disaccordo nel governo sulle voci su cui intervenire, che quindi sarebbero ancora oggetto di trattativa; la seconda, invece, è il tentativo di ritardare la pubblicizzazione di interventi politicamente delicati, ovvero impopolari. In ogni caso, nessuna delle due è una buona ragione per non comunicare al paese il dettaglio delle coperture, soprattutto visti i tempi ultracompressi di discussione pubblica e parlamentare. E entrambe le ragioni sono, queste sì, responsabilità del governo.