Foto via Palazzo Chigi, via Ansa 

proposte dal segretario

Il Pnrr può essere rivisto. E il contributo delle imprese è necessario

Sergio Silvestrini

Energia, grandi opere, messa a terra delle risorse: le idee di Cna contro le lentezze della Pubblica amministrazione che non è ancora riuscita a spendere i fondi del piano per la riqualificazione energetica

Nelle moderne economie di mercato la spesa pubblica svolge un ruolo importante come fattore di accelerazione della crescita grazie al sostegno mirato verso settori strategici. Tra le molteplici cause della modesta espansione del pil italiano da due decenni, la bassa intensità della spesa pubblica per investimenti è tra le più rilevanti. Tra il 2009 e il 2019 si è quasi dimezzata da 70 a 40 miliardi l’anno includendo anche la componente delle imprese pubbliche nazionali e delle municipalizzate che incide per oltre la metà del totale. Un andamento negativo che non trova spiegazioni nelle politiche di austerità. Al contrario, gli ingenti residui nel bilancio pubblico e degli enti locali evidenziano una strutturale e crescente incapacità della Pubblica amministrazione di spendere le risorse di cui dispone.

 

L’opportunità offerta dal Next Generation Eu si deve misurare dunque con gli evidenti limiti, anche di efficienza, della macchina pubblica nella messa a terra delle risorse finanziarie per gli investimenti finalizzati a rafforzare il potenziale di crescita in chiave sostenibile, favorire il processo di decarbonizzazione. Da qualche mese si assiste a un dibattito circa i ritardi sulla tabella di marcia e sulla necessità di rivedere l’architettura del Pnrr per accentuarne l’orientamento verso i temi dell’energia. Un confronto che trascura le risorse messe a disposizione dalla programmazione comunitaria 2021-2027 e quelle non impegnate della precedente 2014-2020. Si tratta di un volume pari a circa 350 miliardi di euro di investimenti che dovrebbe favorire una connessione-integrazione tra i vari programmi per accrescere capacità e qualità di spesa.

 

Anche un’eventuale opzione B del Pnrr, escludendo quelle opere irrealizzabili per le tempistiche, non offre assicurazioni. Una modifica della mappa del piano di ripresa e resilienza non risponde alla criticità sulla capacità di spesa, anche se sarebbe di utilità se il confronto tra il governo e le istituzioni europee riuscisse a migliorare la flessibilità operativa del Pnrr.
Come Cna in ogni confronto con le istituzioni e con le forze politiche abbiamo sottolineato la necessità di un pieno coinvolgimento del sistema delle imprese per la realizzazione del piano. Sia sotto il profilo strategico nella individuazione degli investimenti e soprattutto con un ruolo nella allocazione delle risorse, stimolando anche la componente di spesa privata. L’efficienza del mercato privato infatti è notevolmente superiore alla domanda pubblica. Mentre il solo Superbonus 110 per cento ha attivato cantieri per 55 miliardi di euro, non risulta che la Pubblica amministrazione sia ancora riuscita a spendere i fondi (1,2 miliardi) per la riqualificazione energetica degli edifici pubblici indicati nel Pnrr.

 

Di contro, invece, procedure amministrative complesse, farraginose e spesso contraddittorie si traducono in ostacoli insormontabili anche per gli investimenti con capitali privati come nel caso del settore energetico. Nonostante le iniezioni di semplificazioni per lo sviluppo delle Fer, negli ultimi anni la nuova capacità installata è ai minimi storici, appena 1 gw l’anno contro un obiettivo di 6-7. Quando si parla di grandi opere, a capitale pubblico o privato, scattano meccanismi da girone dell’inferno dantesco che ne annacquano efficienza e tempistiche nella realizzazione. 
La riqualificazione del patrimonio immobiliare, il forte impulso allo sviluppo delle fonti rinnovabili rappresentano le principali aree dove l’impresa privata può agire da terminale operativo della Pubblica amministrazione, superando l’anacronistica concezione che l’interesse pubblico si realizza con mezzi di produzione a capitale statale.

 

Il servizio e l’interesse pubblico invece devono prescindere dalla carta d’identità del capitale chiamato a soddisfare la relativa domanda. Al tempo stesso tra i punti deboli del Pnrr vi è uno scarso contributo in termini di risorse per il processo di decarbonizzazione: il piano indica ad esempio 4 gw di nuova potenza da fonti rinnovabili (meno del 10 per cento della capacità aggiuntiva richiesta) concentrati sui grandi impianti. Un vistoso differenziale che, in larga parte, può essere colmato sostenendo la realizzazione di piccoli impianti destinati all’autoproduzione da parte delle piccole imprese sfruttando i tetti dei capannoni (con il beneficio aggiuntivo di non consumare territorio). Sarebbero sufficienti 20 mila impianti l’anno da 200 kw per assicurare 4 gw di nuova potenza.
L’auspicio è che le istituzioni e la politica non inseguano l’ambizione di recitare tutti i ruoli, dal regista alla semplice comparsa, e rinuncino alla pretesa che decreti e circolari possano determinare gli orientamenti della domanda e dell’offerta. Il mercato offre risorse ed energie spesso insospettabili, mentre lo stato efficiente, mutuando da Ludovico Ariosto, è quello che anzitutto riconosce i propri limiti.

 

Sergio Silvestrini
segretario generale Cna

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