Salvini stravolge il suo ministero, e dà l'assalto alla cabina di regia del Pnrr. Facendo arrabbiare FdI

Valerio Valentini

La tesi del consigliere Morelli: "Dobbiamo cambiare i tecnici lasciati da Draghi". Anche quelli che, per legge, non si potrebbe cambiare. E così Fitto si arrabbia. Il rodeo delle nomine al Mit, con vista sui cantieri del Recovery. L'incognita su Ferrovie. Intanto anche il meloniano Butti, successore di Colao, manda in tilt la transizione digitale

L’idea, a quanto pare, l’ha partorita Alessandro Morelli. “Ma non sarebbe più logico modificare le strutture di vertice della cabina di regia del Pnrr?”, ha chiesto in una riunione a Palazzo Chigi, l’8 novembre scorso. E siccome Giorgia Meloni aveva subito liquidato la questione – sollevata peraltro alla presenza di quei tecnici che di un eventuale avvicendamento sarebbero stati oggetto – il sottosegretario leghista, responsabile della Programmazione economica del governo, aveva taciuto. Ma senza recedere dal suo convincimento, se è vero che nei giorni seguenti è tornato a insistere con Matteo Salvini: “Ma dove sta scritto che dobbiamo tenerci i tecnici di Draghi?”. Irritando così Raffaele Fitto, il ministro meloniano che sovrintende all’attuazione del Recovery.

E forse è proprio perché conosce quanto sia complessa la materia, quanto concreto il rischio di fallire la sfida, che Fitto ha avviato una serie di incontri bilaterali coi capi di gabinetto e i rispettivi collaboratori sul dossier del Pnrr nei vari ministeri. A tutti è stato chiesto un aggiornamento sullo stato dell’arte dei lavori, a ciascuno è stato garantito il sostegno per eventuali provvedimenti normativi che possano agevolare il raggiungimento degli obiettivi. Non pochi sono stati sorpresi dai toni estremamente cauti adottati da Fitto, che anche sulle ipotesi di modifica del Piano ha rimandato alle linee guida emanate dalla Commissione a luglio scorso – le stesse che all’epoca FdI contestava come troppo timide e  cervellotiche, ma vabbè – a beneficio dei governi che volessero apportare specifiche revisioni.

Se Fitto si muove con discrezione, però,  nella Lega c’è invece una certa smania di cambiamento. Del resto Salvini, che pure aveva sperato di ottenere specifiche deleghe sul Recovery, lui che gestisce uno dei principali dicasteri di spesa, quando ha visto il ministero “senza portafoglio” di Fitto ottenere prerogative “abnormi” (così dicono nel Carroccio), non l’ha presa bene. E quando Meloni, nel Cdm dell’11 novembre scorso, ha formalizzato l’investitura dell’ex governatore pugliese anche a scapito del Mef di Giorgetti (art. 7 del decreto sul riordino dei ministeri: “Il  Servizio centrale per  il  Pnrr  opera  a  supporto  delle  funzioni  e  delle attività attribuite all’Autorità politica delegata”) è sobbalzato. Condividendo i mugugni di quel Morelli, suo amico da sempre e grande animatore della propaganda di partito, che il capo della Lega tiene nel novero dei consiglieri più fidati. Perché  se per rafforzare le deleghe di Fitto, si accetta di modificare per decreto la governance del Pnrr, “come possiamo sentirci dire che il resto della cabina di regia è intoccabile perché Draghi l’ha blindata fino al 2026”? 
Sono queste le tesi che Salvini sta  sperimentando al suo ministero. Il coordinatore della Struttura tecnica di missione, Giuseppe Catalano, ha formalizzato le sue dimissioni quando ha percepito il mutare di clima al Mit. E non è un avvicendamento da poco, visto che grossa parte del capitolo del Pnrr dedicato alle Infrastrutture lo aveva scritto di suo pugno in epoca De Micheli, e portato avanti con Giovannini: e non a caso era stato indicato come referente del piano complementare del Pnrr, 30 miliardi da spendere entro il 2026,  di cui oltre un terzo di diretta competenza di Porta Pia. Entro lunedì andrà designato il suo successore, che forse verrà scelto nella figura di Elisabetta Pellegrini, nuova coordinatrice della Struttura tecnica suggerita a Salvini da Luca Zaia, che l’ha apprezzata da capo dipartimento dei Trasporti della sua fidata assessora regionale Elisa De Berti

Ma c’è di più. Perché a essere in bilico, a quanto pare, è anche Davide Ciferri, economista che dallo scorso gennaio è alla guida dell’Unità di missione per il Pnrr. E qui l’operazione di spoils system sarebbe più ardita, in effetti: perché Ciferri è stato selezionato a seguito di un concorso pubblico, e con specifico mandato fino al 2026. Rimuoverlo sarebbe un atto di forza, da parte di Salvini. In un ministero, peraltro, che continua a cambiare sensibilmente connotati, dopo la nomina di Alfredo Storto a capo di gabinetto. Il che è fisiologico, trattandosi di scelte fiduciarie da parte del ministro: e lo si vedrà anche nella ridefinizione, imminente, dei vertici dei dipartimenti del Mit.  Ma certo uno come Francesco Lucianò, 28enne di belle speranze, consulente del gruppo Lega fino a pochi mesi fa, è chiamato a una sfida non di poco conto, ora che, sempre su imbeccata del prode Morelli, è stato scelto come nuovo capo della segreteria tecnica di Salvini. Ieri, poi, anche il consigliere diplomatico del Mit, Luca Di Gianfrancesco, ha comunicato ai colleghi che tornerà alla Farnesina.

D’altronde, che la logica sia quella della transizione hard boiled, Salvini lo ha dimostrato anche nei giorni scorsi, quando ha criticato con parole al veleno i vertici di Anas e Rfi. Il che, specie nel caso di Ferrovie, è una scelta temeraria in ottica europea, visto che si tratta, di fatto, della principale stazione appaltante del Pnrr. Del resto, che in casa Lega non ci sia grande considerazione per l’ad Vera Fiorani – commissaria, peraltro, di varie opere strategiche, tra cui la Salerno-Reggio Calabria – è cosa risaputa. Meno scontata sarebbe una sua sostituzione immediata, visto che il suo mandato scade in primavera. E però anche qui, siccome “bisogna correre”, come dice Salvini, prende consistenza la tesi Morelli: “perché tenerci i tecnici degli altri?”.

Che poi non vale solo per i leghisti. Alessio Butti, sottosegretario meloniano con le delega alle Tlc, ha introdotto un metodo di rottura tale, col suo predecessore Vittorio Colao, che i dirigenti di Pago Pa, Agid e Dipartimento della trasformazione digitale hanno già messo sul tavolo le loro dimissioni. Il tutto, senza che il neo sottosegretario abbia ritenuto di contattare nessuno, del gabinetto di Colao, per gestire il passaggio di consegne.

Unica eccezione, in questo trambusto, è la conferma di Massimiliano Atelli alla presidenza della commissione Via-Vas del ministero dell’Ambiente, snodo strategico del Pnrr perché da lì passano le autorizzazioni ambientali per lo sblocco di opere e infrastrutture. Anche ora che è stato promosso a capo di gabinetto del ministro dello Sport Andrea Abodi. Ché evidentemente non sempre cambiare aiuta ad accelerare.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.