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L'embargo europeo sta già riducendo l'export di petrolio russo

Federico Bosco

Secondo l’analisi di Bloomberg, le esportazioni marittime di greggio degli Urali sono scese al minimo da cinque settimane. I flussi verso Cina, India e Turchia sono scesi di 330 mila barili al giorno. Il rischio è uno choc dell’offerta, per questo gli Usa preferiscono il price cap 

Fra sei settimane entrano in vigore le sanzioni dell’Unione europea al greggio russo (a febbraio anche ai prodotti petroliferi) trasportato via mare, una decisione che bloccherà il 90 per cento delle importazioni europee di petrolio dalla Russia. Dal 5 dicembre agli operatori europei sarà vietato assicurare e finanziare il trasporto di petrolio verso paesi terzi, rendendo difficile per la Russia esportare grandi quantità di petrolio, visto che le società europee e britanniche sono i più importanti fornitori globali di questi servizi. La cattiva notizia per Mosca è che anche i paesi asiatici che hanno tenuto alto il volume delle esportazioni di greggio russo – Turchia, Cina e India – stanno diminuendo gli acquisti, nell’attesa di capire le conseguenze delle sanzioni sulla capacità russa di far arrivare a destinazione il greggio degli Urali, una prudenza che sta già avendo un impatto sulle esportazioni e sui guadagni della Russia.

Secondo l’analisi di Bloomberg sul commercio internazionale e sui dati del ministero delle Finanze russo, la settimana scorsa le esportazioni marittime di greggio dalla Russia sono scese al minimo da cinque settimane. I flussi verso Cina, India e Turchia avevano raggiunto a giugno il picco di 2,2 milioni di barili al giorno, ma nelle quattro settimane fino al 21 ottobre sono scese di circa 330 mila barili al giorno. La riduzione dei volumi, combinata con l’aliquota del dazio sulle spedizioni all’estero più bassa dal febbraio 2021, ha ridotto le entrate petrolifere settimanali del Cremlino al livello più basso dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina.

Il problema è nella logistica. Le spedizioni dai porti russi del Pacifico impiegano pochi giorni per raggiungere i terminal cinesi, così come il viaggio dai porti russi del Mar Nero alle coste della Turchia. Le navi dirette in India però hanno tempi di viaggio che vanno dalle due settimane e mezzo a più di un mese, ed è per questo che le due principali raffinerie indiane (più controllate delle altre) hanno interrotto gli acquisti di petrolio russo, che arriverebbe a destinazione dopo l’entrata in vigore delle sanzioni dell’Ue e quindi con assicurazioni cadute nelle sanzioni durante il viaggio. Una volta entrate in vigore tutte le misure sanzionatorie, alle raffinerie indiane potrebbero aggiungersi quelle turche e cinesi.

Per aggirare le sanzioni Mosca sta mettendo insieme una “flotta ombra” di petroliere, ovvero navi con proprietari spesso sconosciuti gestita da una rete di armatori, società e porti sicuri nelle mani di entità disposte a trattare con la Russia e che non temono nemmeno le sanzioni secondarie. Rispondendo alle domande di Bloomberg, la società di brokeraggio marittimo Braemar stima che per sostenere 4 milioni di barili al giorno di esportazioni russe verso l’estremo oriente queste navi dovranno aggiungersi alle 240 che hanno trasportato greggio iraniano e venezuelano nell’ultimo anno, e formare una grande flotta ombra in grado di supportare Mosca.

Inoltre, gli analisti si aspettano un aumento dei trasferimenti di greggio da una nave all’altra direttamente in mare, un’operazione che normalmente si usa per trasferire piccoli carichi su petroliere più grandi destinati a viaggi a lungo raggio, ma anche per aggirare le sanzioni (una pratica in cui l’Iran ha una grande esperienza). Il trasferimento da nave a nave consiste nell’affiancare due petroliere e collegare un tubo per pompare il carico, può richiedere fino a due giorni ed è meglio farlo in acque calme con condizioni meteo favorevoli, e legalmente.  Difficile però che dopo le sanzioni dell’Unione europea venga permesso ai russi di effettuarle in acque di competenza dei paesi europee, perciò l’alternativa sarà di agire in mare aperto, anche nel mezzo dell’Oceano Atlantico. Ciò significa aumentare ulteriormente i giorni di viaggio delle petroliere della flotta ombra russa, oltre che a rendere meno affidabili e puntuali le spedizioni. 

A poche settimane dall’entrata in vigore delle sanzioni sul petrolio russo non c’è chiarezza sulla capacità della Russia – il terzo produttore mondiale – di continuare a esportare petrolio nei paesi che vogliono continuare a comprarlo, con il rischio di causare uno choc globale nell’offerta di petrolio e, di conseguenza, sui prezzi. Questa è la preoccupazione sollevata dall’inizo dagli Stati Uniti, che però stanno lavorando nell’ambito del G7 per fissare con l’Ue un price cap al petrolio russo, in modo da ridurre le entrate per il Cremlino ma senza far sparire il greggio russo dai mercati mondiali.

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