Foto di Roberto Monaldo, via LaPresse 

Editoriali

L'europeismo di Meloni alla prova del Pnrr

Redazione

Un patto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza serve per avere più flessibilità sul debito, ovvero allungare le "traiettorie di rientro da deficit troppo elevati". La leader di FdI dovrà ascoltare le parole di Paolo Gentiloni

L’Ue parte decisamente con le buone nel rapporto con l’Italia uscita dal voto del 25 settembre. Paolo Gentiloni ieri ha parlato dell’inverno difficile che attende l’economia europea e del rischio alto di recessione. Una condizione che riguarda tutti, come tutti sono impegnati nella realizzazione del Pnrr. Il commissario italiano rispetta, non solo a parole, il governo nascente in Italia e dà una prova notevole della neutralità interventista della Commissione, indica riforme e metodi per realizzarle, ma non pone condizioni punitive né si perde in formule ambigue, come quella vigilanza evocata giorni fa da una ministra francese e rintuzzata anche dal Quirinale.

 

Sembra, per usare un’espressione in voga tra i formatori, applicare il metodo del rinforzo positivo. Se l’Italia seguirà il cammino di riforme sul quale è costruito il Pnrr ci sarà un premio, chiamiamolo così, non puramente simbolico, ma molto concreto, con la possibilità di allungare le “traiettorie di rientro da deficit e debiti troppo elevati”. Sembra la solita formula della flessibilità finanziaria in cambio di buone politiche, ma, nel clima di questi giorni e con l’inedito storico del governo in arrivo, è qualcosa in più e comporta un’apertura di fiducia da cui Giorgia Meloni potrebbe trarre vantaggi e, soprattutto, grazie alla quale potrebbe colmare quei vuoti ancora percepibili nell’impianto generale della sua politica economica.

 

Un altro aiuto lo dà (ripetendosi a distanza di pochi giorni) la Confindustria, chiedendo di nuovo di accantonare le idee bislacche sul fisco e il lassismo spendaccione sulle pensioni, per concentrare tutti gli sforzi nel sostegno al sistema produttivo, in sostanza per passare l’inverno. Sono ingerenze? Se volete sì, ma sembrano anche donazioni liberali grazie alle quali scrollarsi di dosso qualche scemata da campagna elettorale propria e degli alleati. Le emergenze non vanno mai sprecate per dare solidità e carattere ai governi (e per tenere in ordine una maggioranza).

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