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Meno retorica, più fatti. Cosa si può chiedere a un governo per intervenire sulle bollette

Paolo Romani 

I margini di intervento a livello nazionale sono ridotti, ma l'esecutivo può ricorrere ai sostegni per famiglie e imprese. Inoltre è possibile dividere i prezzi dell’energia elettrica prodotta dal gas da quelli delle altre fonti, così da abbassare il conto per gli utenti

Al direttore - Perché sta aumentando tanto il prezzo del gas e perché si riflette sulla bolletta energetica? Per capire cosa sta accadendo dobbiamo comprendere due processi di formazione del prezzo: quello del gas, appunto, e quello dell’energia elettrica. E per farlo dobbiamo conoscere il significato degli acronimi Ttf, Pun, Smp e Psv. La classe politica che è chiamata ad intervenire conosce a malapena il significato di questi termini. Ma andiamo con ordine: Ttf, Title transfer facility, è l’indice di mercato del gas naturale alla borsa di Amsterdam, dove avviene la compravendita per tutta Europa, e si compone del Ttf Spot, il prezzo del gas consegnato a breve termine, il giorno dopo, e del Ttf Future, i contratti a lungo termine.

 

E’ qui che la speculazione finanziaria si annida e si sta aggiungendo all’aumento dei costi di produzione a causa dell’incertezza geopolitica. E’ obbligatorio attenersi al cosiddetto Dutch Ttf gas price? No. Infatti l’Autorità per l’energia dovrebbe passare a ottobre al Psv (Punto di scambio virtuale) italiano per contenere almeno le spinte speculative. Psv basato solo sullo scambio reale di materia prima e non quello virtuale dei future che moltiplica per dieci lo scambio finanziario sul gas senza alcuno scambio reale della materia prima. Così come sono oggi critici gli Ets (Emission trading scheme) per compensare l’emissione della Co2, veri e propri prodotti finanziari resi obbligatori nell’ambito della strategia europea del Green deal per le società che producono emissioni, e che contribuiscono all’aumento speculativo del prezzo del gas. La speculazione si combatte solo stabilizzando il mercato, facendo in modo che il prezzo si determini principalmente sullo scambio reale della materia prima, rendendoci indipendenti dalla Russia e dall’instabilità di quella regione, attraverso la diversificazione delle fonti, la riattivazione dell’estrazione e produzione degli idrocarburi nazionale e la realizzazione dei rigassificatori, che consentono di accedere al mercato globale e liquido del gnl.

 

Se viene meno il rischio delle forniture vengono meno le incertezze sui contratti future, i costi relativi alle assicurazioni e la possibilità di scommettere da parte degli speculatori sulla mancata consegna. Per questo ci vorrà del tempo, ma allora cosa si può fare nell’immediato? I margini di intervento a livello nazionale sono ridotti, per esempio è impossibile, e pericoloso per famiglie e imprese, imporre un tetto nazionale al prezzo del gas essendo scambiato sul mercato europeo. Ma qui è necessario fare un’altra distinzione: il caro-bollette riguarda sia il gas sia l’energia elettrica. Nel primo caso l’unico strumento immediato nelle mani del governo sono i sostegni a famiglie e imprese. Pensiamo ai riscaldamenti residenziali e alle imprese gasivore ed energivore. Nel secondo caso è possibile intervenire in maniera determinante.

 

Ma perché sta aumentando anche il prezzo dell’energia elettrica? Questo perché in parte è prodotta dal gas, ma la realtà è che sta aumentando più del dovuto. In questo caso non è la speculazione a intervenire sulla formazione del Pun – Prezzo unico nazionale –  ma un nuovo acronimo: Smp – System marginal price. Questo sistema comporta che venga riconosciuto lo stesso prezzo anche agli impianti di produzione in grado di offrire energia a costi inferiori, quali le rinnovabili. Oggi contrariamente al passato la produzione più costosa in assoluto è quella prodotta dagli impianti termodinamici a gas. Fino a ieri ha rappresentato un incentivo indiretto alla produzione da energie rinnovabili, ma oggi crea un extra profitto ingiustificato per i produttori di energia elettrica a fronte di alcun aumento dei costi di produzione. La soluzione? Dividere i prezzi dell’energia elettrica prodotta da gas da quelli delle altre fonti energetiche. Le fonti rinnovabili avrebbero il vantaggio di vendere al prezzo più alto offerto, ma si eviterebbe la distorsione attuale del mercato. Quindi interventi coraggiosi sulla formazione del prezzo dell’energia, ma normativi.

 

Si intaccano interessi consolidati? Più che altro si intacca un extra profitto ingiustificato che rappresenta un extra costo per cittadini e imprese riversandosi sulla produzione, sulla logistica e distribuzione delle merci, sul settore ricettivo e commerciale con un effetto esponenziale sull’inflazione. La Spagna è già intervenuta, l’Italia ha sottoscritto un contratto di fornitura di lungo periodo con l’Algeria svincolato dalla borsa di Amsterdam così come in parte già fatto con l’Azerbaigian grazie al Tap. Resta un dubbio: chi si intesterà la responsabilità di un intervento così urgente e sostanziale? Il governo, che si trincera dietro la riserva degli affari correnti, il M5s che sui movimenti nimby ha costruito la sua fortuna, il centrosinistra che ha indugiato spesso sulle posizioni ideologiche ambientaliste o il centrodestra con le battaglie di retroguardia degli anni scorsi? Per agire nell’immediato serve un ampio consenso, non basta il primo della classe che dica “l’avevo detto”.

Paolo Romani ,ex ministro dello Sviluppo economico

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