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Editoriali

Quanto costa l'addio di Draghi: tutti i dossier incompiuti

Redazione

Interessi, gas, pensioni e 55 obiettivi Pnrr: tutto ciò che resta fermo a causa della crisi di governo. Nel frattempo, durante la campagna elettorale si dovrà approvare la legge di Bilancio

La caduta del governo Draghi lascia a Palazzo Chigi, sui desk dei ministeri e in Parlamento una pila di dossier ancora aperti, mentre già oggi suonerà un campanello d’allarme. La Banca centrale europea annuncia infatti il primo aumento dei tassi d’interesse dopo undici anni, chiudendo così l’èra del denaro a costo zero inaugurata proprio da Mario Draghi. Il rialzo dovrebbe essere pari a un quarto di punto, ma è salita la pressione dei paesi nordeuropei per raddoppiare. I mercati si aspettano la svolta, resa inevitabile dall’inflazione, quindi è probabile che l’impatto non sarà traumatico, ma per l’Italia super indebitata (150 per cento del pil) è tutta un’altra storia. Già spendiamo 60 miliardi di euro solo per gli interessi e l’onere crescerà ancora trascinando in alto i mutui e l’intero costo del denaro. Con uno stock del debito arrivato a 2.756 miliardi di euro (69 miliardi in più rispetto a un anno fa) c’è da tremare. I brividi corrono ancora più veloci lungo la schiena se consideriamo che di qui a fine anno bisogna rinnovare titoli pubblici per 200 miliardi di euro in assenza di governo, con il rischio di non avere una legge di Bilancio e di finire in esercizio provvisorio. Altri 300 miliardi scadranno nel 2023 e i tassi saranno con tutta probabilità ancora più elevati. 


Poi c’è il Pnrr. Sono stati completati i 45 obiettivi previsti e dovrebbe arrivare la seconda tranche (24 miliardi di euro). Entro dicembre bisogna raggiungere altri 55 obiettivi. Il governo Draghi resta in sella per la normale amministrazione, ma guarda caso gli ostacoli sui quali s’è fracassata la maggioranza riguardano proprio riforme che hanno a che fare con il piano: dalla concorrenza (taxi e spiagge sono sul campo di battaglia del Senato e della Camera) al fisco tutto da discutere nel merito, con una contrapposizione ormai radicale tra la Lega e il Pd; la delega è incagliata al Senato e lì resterà. Entro la fine dell’anno occorre mettere mano alle pensioni perché scadrà quota 102 e senza nuovi provvedimenti si torna alla Fornero. Mentre è in corso la campagna elettorale si deve elaborare, discutere e approvare la legge di Bilancio. La Lega ha chiesto un deficit aggiuntivo di 50-60 miliardi di euro tutto a debito (non sono previsti aumenti delle imposte e il rallentamento della economia prosciugherà il “tesoretto”, cioè l’aumento automatico delle entrate generato dalla crescita del pil). I mercati cominceranno a dubitare della capacità di farvi fronte con una congiuntura in netto peggioramento e mesi di instabilità politica. Nessuno vuol fare il gufo e il tanto peggio tanto meglio è un comportamento irresponsabile, anche se sembra prevalere tra le forze politiche. 

 


Non sono meno rilevanti i dossier industriali, a cominciare dall’energia. La Lega insieme a Fratelli d’Italia ha cavalcato la protesta di Piombino, tanto quanto i grillini, salvo poi accusarsi a vicenda in Senato. Il rigassificatore verrà rinviato al prossimo governo, quindi bloccato? Che fine farà la vendita di Ita? Per non parlare della telenovela sulla rete unica e di internet veloce. Con gioia di Salvini saltano lo ius scholae e la cannabis parcheggiati a Montecitorio senza una data certa per la loro discussione. Il suicidio assistito, approvato a marzo alla Camera è al Senato e lì resterà almeno per il momento. Congelato anche il provvedimento sul doppio cognome. Al nostro cahier de doléances vanno aggiunte le misure d’emergenza, ultime ma certo non per importanza. Alcune potranno essere decise comunque, per esempio la sterilizzazione delle accise sui carburanti in scadenza il 2 agosto. Ben più complicato sarà il sostegno ai redditi. Draghi aveva annunciato un corposo provvedimento per la fine del mese senza fare cifre. Lì dovrebbe entrare il taglio del cuneo fiscale anche se alcuni avevano pensato di collegarlo alla legge di bilancio. Dovrebbe essere replicato il bonus di duecento euro, mentre non è chiaro che fine farà la proposta di ridurre l’Iva sui beni di consumo necessari. Immaginiamo che le opere previste dal Pnrr e già avviate vadano avanti; ma il nostro inguaribile ottimismo potrebbe scontrarsi molto presto e anche facilmente con l’inguaribile realtà italiana.

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