Cosa rischia l'Italia senza il governo Draghi? Un dossier di Cna

Dario Costantini

Legge di bilancio, codice degli appalti, legge sulla concorrenza, riforma fiscale, lavoro. Non ha alcuna prospettiva concreta un patto sociale senza il contributo e la piena partecipazione del sistema dell’impresa diffusa

Le crisi di governo risultano quasi sempre poco comprensibili agli occhi dell’opinione pubblica ma quella deflagrata l’altro giorno a causa, ufficialmente, di un termovalorizzatore sarebbe ai primi posti di una immaginaria classifica. La difficoltà a leggere la crisi è nell’eccezionalità della fase storica che stiamo vivendo. Per il rispetto nei confronti dell’autonomia del Parlamento, non spetta a una organizzazione di rappresentanza indicare formule politiche o dettare il timing per andare alle urne. Ma è nostro dovere ricordare l’agenda di impegni che il paese deve portare a compimento per offrire risposte ai cittadini, alle imprese e al mondo del lavoro. Non coltiviamo il culto della stabilità come valore fine a sé stesso, ma come requisito per realizzare ciò che è necessario e utile al Paese e con la preoccupazione che il fossato tra politica e opinione pubblica si allarghi ulteriormente indebolendo il tessuto democratico e minando la preziosa coesione sociale.

 

Risulta così inevitabile il confronto tra il pragmatismo tedesco e un confuso approccio ideologico italiano. Mentre da noi le fibrillazioni politiche si trasformavano in una valanga, a 1.500 Km a nord il cancelliere tedesco Olaf Scholz avviava un tavolo di concertazione con rappresentanti delle imprese e del sindacato dei lavoratori per affrontare una sfida storica che richiede il coinvolgimento di tutte le migliori energie e soluzioni condivise. La crisi energetica e climatica, la guerra, la recrudescenza del Covid, l’inflazione a livelli sconosciuti da due generazioni richiedono scelte efficaci e tempestive, obbligano a costruire una prospettiva compatibile e coerente con un mondo in profonda trasformazione in cui cambiano matrici e paradigmi. Riti e liturgie della politica che riaffiorano non alterano le priorità ma rischiano di provocare il collasso del sistema politico e istituzionale.

 

Qualunque sia l’evoluzione della crisi, l’agenda non cambia, tantomeno alcune emergenze come gli stoccaggi di gas per l’inverno e gli impegni vincolanti per allocare le risorse del Pnrr. Nel frullatore della politica, le parti sociali offrono una sponda di responsabilità e credibilità per governare una fase complessa e delicata. Un ruolo riconosciuto soltanto in talune circostanze mentre il sistema della rappresentanza si è rivelato strumento insostituibile di connessione. Nel disegnare una visione di medio e lungo termine l’Italia non può prescindere dal sistema della micro e piccola impresa e dal Mezzogiorno. Non c’è prospettiva di sviluppo senza valorizzare la piccola impresa e aumentare il potenziale del Sud. Rappresentano il propellente per una crescita sostenibile e duratura, confermata dall’andamento dell’economia degli ultimi 18 mesi.

 

Qualunque sia l’esito della crisi, non si può eludere l’esigenza di mettere in campo politiche anticicliche. Uno studio di Nomisma evidenzia che il Superbonus finanziato dallo Stato per 37,8 miliardi ha generato un ritorno di 125 miliardi con un effetto moltiplicatore superiore a tre, riducendo le emissioni di Co2 a un costo che è quasi la metà di quello sostenuto dall’industria. E’ una misura che combina crescita e sostenibilità ambientale. Presenta limiti e difetti, motivo in più, come CNA sostiene da tempo, per mettere ordine al sistema degli incentivi sui principi della sostenibilità, stabilità e certezza nel tempo. Ci sono una legge di bilancio da costruire per non disperdere le risorse del Pnrr, un codice degli appalti da completare, la legge sulla concorrenza, la fase attuativa della riforma fiscale. C’è il tema del lavoro e delle retribuzioni che richiede il coinvolgimento di tutte le componenti più rappresentative con pari dignità. Non ha alcuna prospettiva concreta un patto sociale senza il contributo e la piena partecipazione del sistema dell’impresa diffusa, oltre 4 milioni di attività e 12 milioni di lavoratori, presidio del Made in Italy, avanguardia dei volumi da record dell’export. C’è uno scacchiere geopolitico che non consente pause o ritiri momentanei e c’è a breve il dossier sulle prospettive dell’integrazione europea rispetto al quale l’Italia è chiamata a formulare proposte concrete sul ridisegno del patto di stabilità, politica energetica, regolamentazione bancaria che rappresenteranno i nuovi riferimenti per i prossimi decenni. Alla classe politica la responsabilità di scegliere dove collocarsi nella storia.


Dario Costantini 
presidente Cna

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