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Spunti

L'inflazione è choc, ma ci sono ragioni per non essere pessimisti

Oscar Giannino

È ovvio che l'aumento dei prezzi americano ed europeo siano fenomeni molto diversi. E nella Ue un vantaggio c’è: i nuovi incrementi dei costi energetici non possono tenere lo stesso tasso degli ultimi 6 mesi. Ma c'è bisogno di misure strutturali per uscirne

Nei mercati finanziari Usa e Ue appaiono i primi segnali di panico per i pericoli di stagflazione, a seguito delle risposte che occorre dare all’inflazione. Sono segnali che meritano una riflessione di fondo e a decisioni conseguenti: ben ponderate, ma rapide. Finora emerge un fenomeno singolare: l’occidente è molto più rapido a reagire alle sfide militari e geopolitiche messe brutalmente in campo da Putin, ma non contro ciò che rischia di indebolire la sua nuova concezione politico militare, cioè l’economia. Consiglio Europeo, G7 e Consiglio Nato hanno messo le basi in 10 giorni per una risposta senza precedenti al nuovo ordine mondiale violento di Putin, ma consideriamo inflazione e stagflazione come problemi separati. E’ un errore non solo economico ma geopolitico.

E’ ovvio che inflazione americana ed europea siano fenomeni molto diversi. Nel caso americano c’è un forte loop salari-prezzi per un ciclo di politica di bilancio troppo espansivo oltre che per il ritardo della Fed ad aprire gli occhi, aggravato dal fatto che bassissima disoccupazione conviva con bassa partecipazione al mercato del lavoro, e dell’inflazione ciò polarizza gli effetti sociali asimmetrici. In Ue, la componente essenziale dell’inflazione è il morso sull’offerta dei prezzi energetici di Putin. A costo di rischiare brucianti polemiche teoriche, bisognerebbe oggi guardare al rischio stagflazione esattamente come alla temperatura di congelamento di due eguali quantità di acqua a temperatura diversa: sembra intuitivo che un bicchiere di acqua fredda congeli prima di uno di acqua calda, ma non è così e non sappiamo ancora bene perché, ancora molto ci è ignoto delle sostanze non in equilibrio termodinamico (l’acqua è meno densa quando è solida e non liquida, solidificando cresce il disordine dei suoi legami intermolecolari).

Ma il problema oggi è raffreddare l’inflazione anche se partiamo da temperature diverse: ergo politica monetaria e di bilancio Usa e Ue dovrebbero prevedere non le stesse misure, ma convergenza concordata di effetti: perché siamo in economia di guerra. Nella Ue un vantaggio c’è: nuovi aumenti dei prezzi energetici non possono tenere lo stesso tasso degli ultimi 6 mesi. Il problema sono i costi a doppia cifra di quest’anno: ragione per cui è il tempo di misure strutturali, sia monetarie che di bilancio. Cominciando dalla Bce: già è stato un errore annunciare aumenti dei tassi senza varare al contempo un nuovo scudo antri spread, ma ora l’errore diventa doppio se ora la Bce pensa ad acquisiti di titoli dividendo i paesi tra beneficiari, donatori e neutri, e considera beneficiari Italia Spagna Portogallo e Grecia, donatori tutti i membri dell’Eurozona che storcono il muso, e neutri i paesi baltici. In primis, metterci il bollino di beneficiari è un segnale ai mercati per individuarli come bersagli, inoltre i Paesi baltici rischiano inflazione a doppia cifra, e vanno considerati esattamente come noi più esposti allo spread. Sulle politiche di bilancio: misure strutturali e stop bonus a tempo. Il tetto al prezzo del gas è una misura di guerra: non solo per metterci al riparo dalle follie di Putin, ma anche perché realizzare davvero un pool di acquisti energetici comunitari eserciterebbe per forza effetti sui prezzi, visti i volumi d’acquisto complessivi. Non è Diocleziano che ignora il mercato e ne viene travolto, sono i Fugger che influenzano il mercato mandando all’aria i sovrani pazzi che credono di usarlo a proprio vantaggio come un esercito.

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