L'analisi

Coima, Atlantia e le altre. Cosa c'è dietro la fuga da Piazza Affari

Mariarosaria Marchesano

Il fenomeno del delisting ha subito un'accelerazione negli ultimi mesi complice il grande attivismo dei fondi di private equity. Come si rifletterà su Borsa italiana?

L’opa di un gruppo del Qatar sulla società immobiliare di Manfredi Catelli, Coima Res, è solo l’ultima operazione che prelude a un delisting a Piazza Affari, fenomeno che ha subìto un’accelerazione negli ultimi mesi complice il grande attivismo dei fondi di private equity. Con una liquidità stimata a livello globale in 6.300 miliardi di dollari da McKinsey, questi investitori non solo hanno intensificato la caccia sui listini europei che da quando è scoppiata la guerra in Ucraina offrono prezzi da saldo, ma sempre più spesso scendono  al fianco dei grandi azionisti per sostenerli in costose strategie di riposizionamento, come nei casi di Atlantia e Telecom.
 

“Il fenomeno del delisting è mondiale, ma in Italia è più accentuato  come dimostra il rapporto tra  capitalizzazione di Borsa e  pil che resta inferiore ai livelli del 2008”, dice al Foglio Giancarlo Giudici, professore  del Politecnico di Milano che sul tema ha condotto un’ampia ricerca dal titolo “Sliding doors, il flusso di listing e delisting sul mercato azionario italiano (2002-2021)” in collaborazione con Intermonte. Lo studio evidenzia che negli ultimi 15 anni la Borsa  ha perso 55 miliardi di capitalizzazione. E un’altra ventina di miliardi si prevede verranno persi con i prossimi sette-otto delisting. La cosa strana è che il numero  delle quotate non è stato mai alto come oggi (407 in totale), ma questo è dovuto soprattutto al contributo fornito dal listino (meno regolamentato) delle piccole aziende, l’ex Aim ribattezzato Euronext Growth Milano. In altre parole, la fuga di decine di imprese  medio-grandi non è stata compensata da nuove entrate di pari livello. Dal 2002 a oggi, infatti, il segmento principale di Piazza Affari ha perso 268 imprese e ne ha guadagnate 185 grazie a nuove Ipo, per contro il mercato delle pmi ha attratto 263 imprese e ha visto  68 cancellazioni. Alla fine dei conti, l’uscita delle medio-grandi si è mangiata un quarto della crescita dei corsi azionari degli ultimi cinque anni. “Temo che in futuro questo fenomeno sia destinato ad accentuarsi per due ragioni: la guerra in Ucraina e la sostenibilità – prosegue Giudici –. E’ prevedibile che le tensioni geopolitiche, alimentando l’incertezza, scoraggino nuovi progetti di quotazione. Parallelamente, molte aziende  in ritardo con la transizione energetica a fronte di regole sempre più severe sulle emissioni di C02, tenderanno a lasciare la Borsa. Per contro, proprio i fondi d’investimento considerano le imprese inquinanti meno sexy mentre sono sempre più orientati a finanziare quelle che si impegnano a ridurre l’impatto ambientale”. 


In tanti casi, però, l’addio al listino è dettato da ragioni opportunistiche, come l’arrivo di un’opa. Catella, per esempio, ha ammesso che per la sua Coima sarà più facile diventare un campione nazionale del real estate fuori dalla Borsa, il che può sembrare un paradosso visto che normalmente ci si quota  per crescere. “In effetti, è in aumento il delisting volontario – spiega al Foglio Alberto Villa, responsabile equity research di Intermonte –. In alcuni casi l’impressione è che questa decisione venga presa per anticipare la prospettiva di performance deludenti, in altri casi è propedeutica all’implementazione di strategie di ristrutturazione che sarebbe più complesso attuare con lo status di società quotate”.  Insomma, in certi casi prevale la tentazione dei soci di avere le “mani libere”. Il destino di Piazza Affari è, dunque,  un lento declino? “Non direi perché la quotazione rappresenta per un’impresa la via maestra per crescere e attirare nuovi capitali e talenti – prosegue Villa –. E poi anche il private equity difficilmente potrà fare a meno della Borsa perché questa è la principale way out in un orizzonte di tre-cinque anni”.  


Resta l’ultima domanda e cioè come si rifletterà tutto questo su Borsa italiana alla cui presidenza è stata da poco eletta l’avvocato d’affari Claudia Parzani, che ha assunto anche l’incarico di vicepresidente del principale quotidiano economico del paese, il Sole 24 Ore. Borsa è stata acquisita lo scorso anno dal gruppo Euronext guidata da Stephane Boujnah facendo affidamento su una base di società quotate che se si riducesse troppo potrebbe creare qualche impatto sulle prospettive di rendimento, come fa notare Villa. Ma questo non sembra preoccupare troppo Euronext che sta intensificando i colloqui con la Commissione Ue per ottenere la gestione delle emissioni di debito  (eurobond) legate al Recovery Fund attraverso la piattaforma Mts. Quest’ultima è da sempre il vero fiore all’occhiello di Borsa italiana.

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