Sfidare i rubli

Un report segreto del governo spiega perché rinunciare al gas russo non è un tabù

Claudio Cerasa

Occorre non aver paura e prepararsi a fare ciò che hanno annunciato di essere pronte a fare Germania e Francia: bloccare l'import di gas e petrolio dalla Russia

Se la parola “gas” fosse un acronimo, le tre lettere che la compongono coinciderebbero con un concetto che più passa il tempo e più risulta evidente: la Grande Autobiografia dello Stato. Il gas è la grande autobiografia di uno stato, e se volete di una nazione, per questioni che riguardano il passato, il presente e il futuro. Il presente è quello che sappiamo e si lega alla giravolta fatta ieri da Vladimir Putin. Due giorni fa, nel corso del colloquio con Mario Draghi, il presidente russo ha detto al capo del governo italiano che “i contratti esistenti rimangono in vigore” e dunque chi paga in euro di fatto continuerà a pagare in euro. Ieri, però, Putin si è rimangiato la parola (anche se non è proprio così: andate a pagina tre). Ha detto che i paesi che potranno non pagare in rubli saranno solo quelli che verranno scelti dalla Russia. E ha costretto molti paesi europei a fare un passo verso la direzione imboccata due giorni fa dalla Polonia, che ha annunciato un embargo sul carbone russo entro maggio e sul petrolio e sul gas entro dicembre.

 

Il gas è la grande autobiografia di uno stato sia per misurare le tensioni del presente (è più dipendente l’Europa dal gas russo o la Russia dai soldi europei?), sia per ricordare le ipocrisie del passato (esiste in Italia un solo partito che abbia fatto qualcosa per combattere le politiche nimby e spingere così il nostro paese verso una sua indipendenza energetica?), sia per monitorare il coraggio dell’Europa  (che cosa si aspetta a fissare per il gas un price cap, un massimale sui prezzi del gas?), sia per mettere a fuoco le trasformazioni della globalizzazione (meno gas dalla Russia, più gas dagli Stati Uniti), sia per osservare fino a che punto i paesi che lottano per difendere la libertà dell’Ucraina (e quella dell’Europa) sono disposti a usare non solo le armi da fuoco ma anche quelle della creatività.

 

Ecco. Ma cosa si intende quando ci si immagina di armarsi di creatività, di fronte alle minacce sul gas? Significa fare una cosa semplice: non aver paura di rinunciare al gas russo e prepararsi a fare ciò che ieri hanno annunciato di essere pronte a fare Germania e Francia. Ovverosia: non considerare più un tabù il blocco dell’importazione di gas e petrolio dalla Russia.

 

Problema: si può fare? Sì, si può fare. Lo dice il buon senso? No: lo dice un report interno commissionato dal governo alle sue società partecipate specializzate in energia. E cosa dice quel report? Il report è lungo 120 pagine e a pagina 39 si rompe un tabù. E si dice che sì: rinunciare al gas russo, anche nell’anno in corso, non sarebbe un dramma.

 

L’Italia, allo stato attuale, con il blocco delle importazioni di gas dalla Russia, “non sarebbe in grado di soddisfare la domanda di energia nel prossimo inverno e avrebbe autonomia fino a ottobre”. E in caso di condizioni climatiche rigide, la carenza di gas potrebbe avere un impatto sul nostro fabbisogno a luglio.

 

Dunque, che fare? I numeri sono questi (e riguardano un piano di  dodici mesi). Il gas da recuperare per fare a meno del gas russo nel prossimo anno è stimato tra i 20 e i 27 miliardi di metri cubi.

La produzione interna può aumentare di un miliardo.

Le importazioni di gas possono aumentare tra 5 e 10 miliardi soprattutto dal Nordafrica. Le importazioni di Gnl (gas naturale liquefatto) possono arrivare fino a 5 miliardi.

La riduzione di un grado nel riscaldamento delle nostre case può portare a un risparmio di un miliardo di metri cubi.

La riduzione volontaria dei consumi delle imprese industriali, “cinque giorni al mese durante il periodo invernale”,  potrebbe far risparmiare 20 milioni di metri cubi al giorno e porterebbe a un risparmio di un miliardo all’anno.

La riduzione dell’illuminazione pubblica nel corso della notte, con un allineamento alla media Ue dei consumi, farebbe risparmiare un altro miliardo.

Le attivazioni delle centrali a carbone infine offrirebbero 5 miliardi.

  

Sfidare il gas russo si può. Non è un tabù. Non è impossibile. Non è un’utopia. E forse smettere di finanziare Putin e la sua guerra non è neppure una cattiva idea, no?

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.